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Mi trovo, dolente, a dover commentare lo sconcertante fatto che ha reso diversa l’ultima domenica della serie C laziale. Prima di scrivere quest’articolo, ho voluto riflettere, per provare a trovare le parole giuste da mettere insieme e, soprattutto, per trovare possibili motivazioni per l’accaduto. Non ce ne sono. Premetto che ho avuto la fortuna di giocare insieme e contro elementi di entrambe le squadre, compreso il “discriminato”.

Ho letto con attenzione sia il comunicato degli All Reds sia l’articolo del ragazzo dei corsari, Matteo.

Nel tirare le somme, però, c’è sempre qualcosa che non torna. Non riesco a trovare giustificazioni per il comportamento tenuto dalla squadra dei tutti rossi. E la politica non c’entra. Una squadra può anche essere politicizzata o rappresentare una categoria, ma non può essere il mezzo per fare militanza, ne propaganda di alcun genere. Per di più il rugby mi ha insegnato a convivere con persone totalmente differenti tra loro e a rispettare il compagno come l’avversario.

Non è comprensibile neanche la dichiarazione degli All Reds secondo cui, a non volere all’interno della struttura il ragazzo non erano loro, ma altri presenti nel centro sociale. Perché, non avendo fatto nulla, sono stati automaticamente complici di chi ha impedito l’ingresso in campo al giocatore avversario. In caso analogo mi sarei battuto affinché la partita si svolgesse al meglio e avrei risolto i miei problemi interni in altro momento.

Per di più, quest’accaduto, potrebbe creare un precedente e comportamenti tutt’altro che nobili e assennati. Potrei, infatti, rifiutare di far entrare nel mio club tutta la squadra dei “reds”, perché sono anticomunista, o la squadra degli avvocati, perché odio la categoria o decidere di non giocare contro i bisonti, squadra del carcere di Frosinone. Un tesserato della federazione è un giocatore e ha diritto di giocare chiunque esso sia. Mi chiedo poi se sia possibile, a questo punto, che ci sia un campo federale, omologato, all’interno di una struttura occupata e, teoricamente, illegale.

Termino con una considerazione: quando sapevo che sarei sceso in campo contro un avversario che mi era particolarmente antipatico, non pensavo a cosa fare per evitare che giocasse o mettesse piede nel mio impianto, anzi, speravo di averlo davanti dal primo minuto per fargli sentire subito la mia spalla e per fargli capire che avrebbe passato una brutta domenica.

Pensiamo al rugby, giochiamo a rugby e lasciamo qualsiasi altra cosa al di fuori, perché il rispetto è anche e soprattutto questo.