@annalaratro

Beatrice Rigoni, classe 1995, studentessa di Farmacia a Padova e, tra le altre, giocatrice della nazionale italiana. Il suo primo approccio ovale, all’età di sei anni, è stato con il Petrarca Rugby. Tesserata successivamente con il Valsugana Rugby Padova nell’U16, è arrivata in prima squadra dopo aver disputato i primi due campionati con la nuova società. È stata scelta come apertura delle Azzurre ad appena diciott’anni.
Il rugby è uno sport che pratichi da anni ad alto livello, nonostante la giovane età; è stato difficile affrontare l’anno della quinta superiore mentre stavi partecipando al tuo primo Sei Nazioni?

Due anni fa, durante il mio primo Sei Nazioni, frequentavo il liceo classico Tito Livio di Padova. È stato complicato gestire lo studio: le materie da sapere erano tante, ma il tempo era poco. Durante un raduno ho dovuto preparare una simulazione di terza prova, ma avevo lasciato i libri a casa! Le mie compagne si sono subito rese disponibili ad aiutarmi tra una pausa e l’altra.
A scuola avevo dei permessi per le trasferte con la nazionale, in modo da non accumulare giorni di assenza, anche se al rientro dovevo recuperare tutte le interrogazioni. È stato difficile, ma non impossibile.

-Hai saputo mantenere in modo ottimale le tue prestazioni in un periodo così intenso in ambito scolastico e sportivo; come hai vissuto il primo Sei nazioni?

È stata un’emozione indescrivibile sin dalla prima partita in Galles: dovevo essere la riserva di Veronica Schiavon ma la sera prima lei aveva febbre alta e quindi ho giocato dall’inizio… E abbiamo vinto! Contro la Scozia in casa ho segnato due mete; a Rovato, durante la partita finale contro l’Inghilterra, mi sono rotta il ginocchio dopo 20′ sotto gli occhi della mia famiglia. È stato l’anno più bello e più brutto della mia carriera sportiva.

L’infortunio tuttavia non ti ha impedito di scendere in campo per affrontare nuovamente quel torneo. Hai riscontrato delle differenze tra il Sei Nazioni disputato quest’anno e il primo in cui hai indossato la maglia azzurra?

Sicuramente quest’anno c’era più consapevolezza e un pizzico di esperienza in più. Ero consapevole che il gioco era improntato maggiormente sulla velocità e, in alcuni casi, sulla fisicità, dunque mi sono fatta trovare pronta.

-Quest’anno hai contribuito anche ad un altro importante traguardo del rugby in rosa: la prima vittoria dello scudetto del Valsugana. Quali sono state le sensazioni che hai provato scendendo in campo quel giorno?

Senza dubbio la vittoria del campionato è stata l’emozione più intensa che abbia mai provato. Dopo un anno da imbattute, abbiamo incoronato quel traguardo tanto sognato. La partita non è stata di grande scena per il pubblico, ma piuttosto tesa e sofferta. Al 65′ eravamo in vantaggio 6 a 5 e in uno scontro ho sentito di nuovo dolore al ginocchio; ho cercato di continuare a giocare zoppicando per altri 5 minuti ma poi l’allenatore ha deciso di sostituirmi, costringendomi a guardare gli ultimi 10 minuti dalla panchina. È stato straziante non poter aiutare le mie compagne, ma al fischio dell’arbitro siamo riuscite ad incoronare l’obiettivo di tutta la stagione.

-Iniziare il campionato portando il titolo di campionesse in carica dev’essere una grande responsabilità..

Decisamente. La squadra rispetto all’anno scorso ha subito un po’ di cambiamenti, ma lo zoccolo duro è rimasto. Il campionato è più lungo rispetto all’anno passato, dal momento che si sono aggiunte due nuove squadre, ma il proposito è certamente di riconquistare il vertice della classifica.

-Recentemente si è svolto il raduno delle Azzurre; come ti è sembrato il gruppo di atlete selezionate in vista del prossimo appuntamento in nazionale?

Eravamo un gruppo molto giovane e in molte erano alla prima esperienza. Dal mio punto di vista, è molto positivo cominciare a lavorare con un numero sempre maggiore di ragazze, per avere un bacino più profondo da cui attingere durante il prossimo Sei Nazioni e anche in vista della Coppa del Mondo del 2017.

-In passato hai affermato che sono stati i tuoi fratelli a farti conoscere la palla ovale; sono loro i tuoi primi tifosi?

Esatto, tutta la mia famiglia mi segue e mi sostiene. Mia mamma e mia sorella sono ormai conosciute anche dalle altre ragazze della nazionale perché sono sempre venute a vedere tutte le partite, persino quelle in trasferta. Mio papà per motivi di lavoro è presente un po’ meno, ma quando gli è possibile, mi raggiunge sempre.

BeatriceInAzione