Ricevo e pubblico, l’articolo originale lo trovate qui.

Lo sport è gioco, divertimento, crescita e formazione. Il rugby è unità, etica, onestà e passione.

Una passione che obbliga al sacrificio, al sostegno, alla collaborazione, alla rinuncia all’egoismo.

Una passione che lega milioni di persone in tutto il mondo, e le porta su campi d’erba, di fango, di terra dura e secca, a volte di sassi, sotto il sole e sotto l’acqua, a sporcarsi e sudare tutti i giorni, da ormai quasi due secoli.

Una passione che che lega migliaia di persone in Italia, che durante la settimana s’allenano e il fine settimana si pestano e s’azzuffano con gioia in paesi grandi e piccoli.

Una passione così  grande che è difficile contenerla, imbrigliarla, codificarla, ma una passione che in Italia si manifesta a macchia di leopardo, con regioni dove è più fitta e capillare la rete di squadre, e di campionati, e regioni dove si fatica a trovar giocatori, strutture, spazi.

Una passione comunque in grande espansione, per uno sport non semplice, ma assolutamente fondamentale. Lo sport a volte non s’accorge della presenza del rugby, ma siamo convinti ne rimpiangerebbe l’assenza.

Per far fronte alla sempre crescente richiesta di strutture più leggere ed elastiche, rispetto a quelle offerte dalla FIR, e per permettere a squadre con minore organizzazione di quelle già iscritte a campionati, dotate di impianti e tradizioni importanti, di partecipare ad una competizione con squadre di pari livello, è nato da due anni il Campionato Amatoriale Rugby Union.

Autogestito dalle squadre che vi partecipano, e appoggiato dalla UISP, il Campionato vede la partecipazione di squadre da 4 regioni italiane, e ha l’obiettivo di diffondere la pratica del rugby ad ogni livello, permettendo a chiunque di approcciare questa disciplina sportiva. Squadre lombarde, venete, emiliane e trentine già si sfidano in una competizione divisa in gironi, per permettere il contenimento dei costi, con incontri ad incrocio tra le prime classificate nei play off conclusivi. La formula, concordata all’inizio di ogni stagione agonistica, così come le regole per l’iscrizione e la gestione organizzativa, punta all’inclusione di tutti, alla partecipazione collettiva, alla cooperazione nella gestione di un campionato unico nel suo genere, dove non vince solo chi arriva primo, ma anche chi organizza il miglior terzo tempo, chi arriva primo alla decima birra media, chi arriva dritto a casa (non importa se sua).

Il tutto nel nome dello sport per tutti. Perché il rugby è di tutti, o non è.