È morto Roberto Gentile. Questo il messaggio che ha spezzato il mio/nostro pomeriggio di lavoro al Beach Rugby di Lignano Sabbiadoro. La prima reazione è stata il silenzio, poi si sono susseguite telefonate (tante) di ex compagni di squadra e amici, tutti in cerca di una risposta. Perché? Semplice, perché Roberto Gentile non può morire. Roberto Gentile è l’uomo degli allenamenti che durano cinque ore, di quelli fatti sotto la grandine perché, a detta sua, gli avversari certamente erano rintanati nello spogliatoio; Roberto Gentile è l’analisi video il sabato mattina, quattro ore per uno spezzone di partita di venti minuti, Roberto Gentile è il ritiro pre play – off sotto il sole della primavera romana (35° alle 14.00 del pomeriggio), così da abituarsi a giocare in qualsiasi condizione atmosferica; Roberto Gentile è la presenza sopra agli spogliatoi dell’Acqua Acetosa, con l’immancabile cappellino nero con su scritto “Molti nemici, molto onore”; Roberto Gentile è quello che se deve mandarti a fare in culo lo fa guardandoti negli occhi e, quasi sempre, nel bel mezzo di un campo da rugby (e con me lo ha fatto tante volte), Roberto Gentile è quello che, a campionato oramai vinto, aumenta il numero di allenamenti per tenere alta la concentrazione; Roberto Gentile è quello della sfuriata dopo una vittoria per 40 – 5, perché quella meta proprio non dovevamo prenderla; Roberto Gentile è “te ricordi quand’eri forte”; Roberto Gentile è “la colpa non è tua che lanci le touche storte, è la mia che ancora ti faccio giocare”, Roberto Gentile è l’amichevole contro l’Avezzano il giorno di San Patrizio, giorno in cui a Roma si giocava Italia vs Irlanda; Roberto Gentile è “voi trequarti andate a provare le giocate, mentre noi di mischia giochiamo un po’ a rugby”; Roberto Gentile è “facciamo l’ultima fatta bene e poi si va a fare la doccia”, ne provavamo almeno altre 30 di giocate; Roberto Gentile è quello che gli allenamenti all’Acqua Acetosa finiscono solo quando i custodi ci spengono i fari. Bhe Roberto la sai una cosa, il nostro rapporto allenatore/giocatore è stato tutt’altro che facile, ma ho apprezzato l’uomo, il rugbista e anche l’allenatore, quindi preferisco ricordarti così. Un saluto pieno di tristezza, perché con te se ne va una parte del mio rugby e dei tanti giocatori che hai avuto il piacere e il dispiacere di allenare.

Ciao Roberto.

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