Quando ho capito che il rugby sarebbe stato lo sport della mia vita? Dentro di me penso da subito, ma nelle vita reale ho dovuto ricevere non poche “spinte”. E non sto parlando di favori, ma di reali spinte da parte di…MIA MADRE. Ebbene si io sono stato uno dei pochi bambini (del tempo) spinto alla pratica del rugby niente di meno che dalla propria mamma. Se non ci fosse stata lei non avrei mai iniziato. Io volevo fare il calciatore, ma non avevo né il fisico né il talento per farlo e poi in famiglia preferivano sport che trasmettessero valori più sani. Così alla tenera età di 6 anni mi sono visto catapultare nel bel mezzo di un campo da rugby, senza sapere che sport fosse e, soprattutto, che la palla fosse ovale. Avete presente una palla ovale per amica? Non capivo proprio come riuscire a conquistarla. In tutto questo, poi, dovetti anche affrontare la mia timidezza: provate voi a socializzare con degli sconosciuti con una mamma che vi incita, urlando, da dietro la rete del campo da gioco (avevo 6 anni, ma pur sempre la mia dignità da “macho latino”). A fine giornata, ricordo,  rientrai a casa con un dente, da latte, rotto e un brivido lungo la schiena che ho ritrovato ogni qualvolta o calcato un campo da gioco, negli anni a seguire. Ricordo mia madre entusiasta rispetto alla mia attitudine al gioco, diciamo che buttar giù gli avversari mi veniva proprio bene, dopo tanti vasi rotti a casa, finalmente potevo “far danni” senza rischiare punizioni al tempo durissime (almeno per il mio modo di concepire la vita allora). Ricordo una sensazione di completezza: avevo finalmente trovato il mio sport. Questo ragionamento l’ho fatto solo dopo, ma già in quell’istante avevo l’entusiasmo per capire che non sarebbe stato solo un allenamento, ma l’inizio di una serie di interminabili avventure sportive. Ragion per cui devo proprio dire grazie a mia mamma, che in quell’occasione mi ha “obbligato” a provare, facendomi scoprire uno sport che ha cambiato in meglio tutto il resto della mia vita.