Approfondiamo un po’ l’arte del rugby e i gesti tecnici che lo caratterizzano. Si sente parlare di frontini, francesine, placcaggi a ribaltare, difese rovesciate, ma ci sono delle chicche che in pochi hanno avuto il piacere di conoscere, ora le elencherò con una dettagliata descrizione. Ma  entriamo nel vivo dell’approfondimento.

“Passo del tacchino” : una finta sgraziata e goffa che un’ala con cui giocavo usava per stordire gli avversari. Non ci crederete , ma tutte le volte che ha osato…è andato in meta. Ricordo una volta contro l’Aquila, penso che l’ala avversaria si stia ancora chiedendo cos’è successo realmente. È un rallentare il passo in corsa e riprenderlo, una cosa quasi impercettibile, che però stordisce tutti i malcapitati difensori.

“La francesona”: è la cugina mal riuscita della francesina. È il marchio di fabbrica di un estremo con cui giocavo in gioventù: lui era molto alto e davvero molto veloce e aveva delle braccia lunghissime. Aveva sentito parlare della francesina, quel toccare quanto basta da dietro il piede dell’avversario lanciato in meta, che scendeva in campo solo per farne il più possibile. Non ha mai considerato, però, la lunghezza delle sue braccia e il suo modo sgraziato di muoversi, per cui lui non toccava un piede, ma sradicava letteralmente il malcapitato con una “braciolata” all’altezza degli stinchi. Non bello, ma assolutamente efficace. Per la squadra era divertente guardare gli avversari capitolare malamente a terra, per lui una sofferenza non riuscire nella tanto cercata francesina.

“La difesa a panda”: è una chiamata difensiva particolare, tutta la linea deve testare la propria bravura salendo con un occhio chiuso e uno aperto. Chiaramente l’occhio chiuso deve impedirti di vedere il tuo compagno vicino che sale. Se non segnano vuol dire che è andato tutto bene. Di solito la preoccupazione generale scaturisce in placcaggi di inaudita veemenza, ma efficacissimi. L’importante è placcare l’avversario con la palla in mano…

“Lampone”: in caso di noia generale e disaccordo con l’allenatore. È una chiamata che serve a tutta la squadra per scomparire dal campo in maniera indignata e infastidita, a partita o allenamento in corso. In pochi l’hanno davvero usata, ma molti sono i suoi seguaci (facebook insegna).

“La palla della morte”: più che un gesto tecnico è una caratteristica che certi giocatori si portano dietro fin da bambini. Dotati di tecnica sopraffina, sottopressione perdono la testa e nel chiamare la giocata compiono tre passi fondamentali: 1- la chiamano all’ultimo istante, così tu non sai cosa fare fino alla fine; 2- attaccano la linea fino quasi a regalare il pallone all’avversario; 3- sfoggiano un passaggio a palombella che funge da mirino per tutta la difesa avversaria;

Continua…