«Ho sempre e solo giocato a rugby. Mi hanno seduto su un campo quando avevo solo cinque anni e da quel preciso momento è stato amore. Ho giocato e vinto tanto, ho viaggiato, vissuto in città che mai nella vita avrei pensato di vedere, ho “fatto squadra” con persone di ogni razza e provenienza. Ho imparato ad apprezzare la diversità, a considerare un amico anche il più silenzioso degli isolani.  

Poi, arrivato alla soglia dei quarant’anni ho deciso di smettere, senza un perché, ho deciso e basta.

Quel giorno è davvero stato il più brutto della mia vita, non sto esagerando, non tanto perché ero consapevole dell’irrevocabilità della mia decisione, quanto perché sapevo cosa stavo lasciando.

Eh già lasciando, perché il rugby una volta che lo si gioca non ti abbandona davvero più. Da quel momento nulla è stato più come prima, il rugby mi ha cresciuto, mi ha aiutato a conoscere e superare i miei limiti, mi ha dato dei valori e mi ha fatto vedere la vita da un  punto di vista differente. Ecco, da quell’ultima uscita dal campo di gioco, mi ricordo era il 18 maggio, nulla è stato più come prima: le domeniche sono diventate le giornate più brutte della settimana, lente, quasi vuote. Niente più urla, placcaggi, “botte”, terzi tempi: tutto sparito. Ho provato ad allenare, a rimanere nell’ambiente, a fare l’accompagnatore, ma nulla mi ha più dato quella sensazione di completezza e appagamento che mi dava l’entrata in campo. Quel mix di adrenalina, sportività e competizione che solo un giocatore di rugby conosce. Ecco quel giorno una parte di me è come se si fosse messa a riposo. Col tempo ho preso consapevolezza di questo addio e ora mi ritengo fortunato ad aver vissuto il rugby con così tanta intensità e passione. È però da 35 anni che non mi avvicino ad un campo da rugby e che non vedo una partita, nemmeno in televisione. In molti pensano che sia matto, ma “il guardare e non toccare” non è mai stato per me, così vivo di grandi ricordi e di pochissimi rimpianti: tanto, in fin dei conti, il rugby me lo porto dentro ed è una parte della mia anima che non mi lascerà mai».