Dondi non si ricandida, Gavazzi sale in cattedra e si propone come “alternativa”, la Benetton Treviso nicchia e attende di presentare il “suo uomo”, si fanno i nomi di Amerino Zatta, Fulvio Lorigiola e Roberto Zanovello, mentre Gianni Amore rimane, ad oggi, l’unico candidato certo. Questa, più o meno, è la situazione che si è venuta a creare dopo la decisione di ieri dell’attuale Presidente Fir, di non ricandidarsi alle prossime elezioni autunnali. Ma il movimento, gli appassionati, quelli che lavorano con i ragazzini e calcano campi da gioco senza un filo d’erba, come hanno reagito? Ecco una serie di opinioni, raccolte un po’da tutta Italia:

Mario Ferrero (Sinnai – Sardegna): «Bisogna ripartire dal basso, rifondare il sistema dei comitati che troppe volte affondano invece di favorire la crescita del movimento. Smettere di pensare a fare guadagni sulle spalle delle piccole società, investire sulle realtà territoriali piuttosto che fare progetti faraonici di franchigie e accademie varie. Vedremo quali saranno i progetti dei candidati e valuteremo».

Daniel Gentile (Cosenza): «L’Italia del Rugby vuole una ventata di novità, di rinnovo. Storicamente sappiamo che, quando rimane la stessa persona per troppo tempo al potere, non è una cosa buona. Il cambiamento alla presidenza della FIR, penso e spero, porti nuova linfa e maggiore entusiasmo al movimento del rugby italiano. Non voglio criticare il lavoro di Dondi, ma quando c’è qualcosa di nuovo, dopo anni di “stasi”non può che far bene ! Nel nostro piccolo è quello che abbiamo fatto nella Cosenza del Rugby, innovato!»

Fulvio Tomaselli (Roma): «Cambiare può essere positivo, se l’alternanza è giusta e conseguenziale, ossia non si devono commettere gli stessi errori del passato e non si deve buttare tutto “a mare”. Evolvere con giudizio, cambiare non significa sempre migliorare, dovrebbe essere così, ma sappiamo che questo non rispecchia la realtà delle cose».

Luigi Bocchino (Viterbo): «Non ne so abbastanza per esprimermi, ad ogni modo Dondi ci ha portato nel Sei Nazioni e non è una cosa da poco, l’entrata nel torneo ha cambiato completamente il rugby italiano.  Credo che, forse,  avrebbe dovuto lasciare prima, però».

Paola Ruggeri (La Spezia): «Non sono esperta dei meccanismi interni FIR, ma non è la prima volta che accade che un presidente di qualche federazione decida di non candidarsi principalmente per uno scontento che arriva dall’interno, ed è sempre un peccato che persone valide vengano spinte ad andarsene non per un normale corso degli eventi, ma per altri motivi. Mi sono avvicinata da pochi anni al mondo del Rugby e non ho avuto modo di “conoscere” la figura di Dondi, ma credo che nell’ultimo periodo il mondo del Rugby in Italia abbia avuto un lento e positivo cambiamento e parte è dovuto al suo lavoro. Quello che ci possiamo augurare è che il suo successore continui il suo lavoro, e che questo cambiamento continui ad essere sempre più considerevole».

Stefano Carraro (Veneto, trapiantato in Toscana): «La critica più grande che  faccio è relativa alla non sponsorizzazione della franchigia romana, che avrebbe semplicemente rispecchiato i valori in termini qualitativi – quantitativi del movimento( in particolar modo giovanile). Detta da un veneto, anche se trapiantato in Toscana, mi pare abbastanza simbolica».

Telatin Alessio: «Era ora! È ‘ tempo di cambiare marcia e mettersi al passo con i tempi».

Roberto Sesena (Milano): «A Dondi il merito, checchè se ne dica, è di avere portato il Rugby italiano in Europa e di avere allargato il bacino di appassionati che prima non lo conoscevano. Con l’entrata nel Sei Nazione e la conseguente pubblicità, i tesserati sono di sicuro aumentati, a partire dai giovani e, se non sbaglio, sulle ali dell’ entusiasmo sono nate nuove squadre, ma ahimè altrettante sono morte ( anche storiche ) per il solito problema della mancanza di strutture e di vil denaro. (le due cose, purtroppo, vanno a braccetto). Critiche ??? Avere pensato al grande Rugby, alla Nazionale, agli Aironi e alla Benetton e avere trascurato la base, che è poi quella che farebbe crescere l’ intero movimento. Ciao da Roberto ( che a quasi 60 anni ancora non si è stancato di fare a cornate….)».

Jean Louis Manca (Oristano): «è giusto che ci sia un ricambio, anche se secondo me il tutto è avvenuto un po’ troppo in ritardo!»

Pino Alleva (L’Aquila): «non spetta a me giudicare l’operato del Presidente Dondi. Per quanto riguarda la mia esperienza personale con lui, posso dire di aver trovato in lui un Presidente pronto a ricevermi all’indomani del terremoto dell’Aquila e che, in fatti concreti, diede un enorme contributo all’Aquila Rugby ospitandola (a spese della FIR) per circa 40 giorni in un albergo romano e, grazie a questo, fummo in grado di terminare il nostro campionato alla fine del quale potemmo riaccedere all’Eccellenza. L’ho sempre ringraziato e sempre lo farò, tantissime persone hanno palesato (a parole) l’intento di voler aiutare L’Aquila Rugby a non morire in quel periodo, ma lui ha fatto per noi poche parole e molti fatti. Anche se io conto molto poco nel mondo del rugby, mi farebbe piacere potergli far arrivare ancora il mio personalissimo grazie. Io sono il team manager dell’Aquila Rugby 1936 e lo ero anche nel 2009 (l’anno del terremoto). Il Presidente Dondi mi ricevette c/o il Suo ufficio in Federazione e mi diede immediatamente la Sua disponibilità ad aiutarci, diede immediatamente seguito alle Sue parole con fatti concreti. Interagì anche con il Presidente del CONI Petrucci, che mise a completa disposizione dell’Aquila Rugby l’impianto sportivo dell’Acquacetosa a Roma (ivi compreso il servizio mensa). La mia è una riflessione personale (non posso parlare a nome della Società per la quale presto la mia opera), ma ritengo che L’Aquila Rugby non possa far altro che ringraziare il Presidente Dondi».

Fabio Manta (Aradeo – Lecce): «Dondi era costretto ad abbandonare. In Italia, chi sta per troppo tempo legato alle poltrone, non risulta simpatico.Ma non si può comunque andare contro ad una persona come il Presidente. Nel bene o nel male ha portato il rugby italiano a certi livelli, ora c’è bisogno di una programmazione diversa e di un ringiovanimento generale. Spero che chiunque arrivi non faccia l’interesse di POCHI».

Gianni Petritoli (Roma): «Il mio parere in merito è molto semplice il movimento rugby in Italia è in ascesa, c’è interesse da parte di molti neofiti che si avvicinano a questo sport, attirati dalla curiosità e dalle gesta della Nazionale, ma sopratutto dai principi e dall’atmosfera che si respira fuori dal campo. Dondi è stato presidente per lungo tempo, ha avuto il merito di far crescere l’interesse intorno al mondo rugbystico. Però gli sforzi sono stati tutti rivolti verso la nazionale e le franchigie, mentre il rugby quello vero, quello dei campi impolverati di periferia è quello della serie c, serie b, della A e dell’eccellenza è stato trascurato e un movimento che indirizza solo i suoi notevoli lauti guadagni al vertice è un movimento destinato a non crescere. Quindi Dondi ha fatto il suo tempo ed è giusto che lasci il suo incarico a persone più giovani e capaci possibilmente illuminate. Per me Amore ad oggi rappresenta una valida alternativa».

Paolo Paoletti (Frascati – Roma): «Conosco Giancarlo praticamente da sempre.In FIR ha ricoperto quasi tutti gli incarichi da consigliere a presidente della commissione tecnica federale fino a divenirne il Presidente. Giancarlo ha lavorato molto bene negli anni 80 come responsabile della commissione tecinca federale,e ci furono grandi risultati.Da Presidente federale in questi ultimi anni ha fatto delle cose molto importanti per l’immagine internazionale del rugby nostrano,sicuramente qualche volta ha commesso gravi errori,ma ci può stare. Il più grave e a mio avviso è quello di non aver mai creduto in una scuola tecnica italiana e non affidare la nostra nazionale ad un tecnico italiano. Sarebbe stato un rischio,ma avrebbe dovuto tentare. Altro grave errore essersi circondato di gente incompetente che non l’ha saputo consigliare al meglio. Troppi squallidi personaggi che con la storia del rugby italiano non hanno nulla a che vedere e da dire. A lasciato che codesti incompetenti siano riusciti a far rimanere fuori del rugby personaggi che avrebbero potuto dare molto in esperienza».

Vittorio Cicalese (Salerno): «L’abbandono di Dondi stabilisce senza dubbio la fine di un ciclo, durante il quale il rugby in Italia, in un modo o nell’altro, è riuscito a crescere ed a farsi conoscere. Sono state prese, nel corso dell’ultimo periodo, alcune decisioni che hanno sfavorito una sua eventuale ricandidatura. Resta comunque da raccogliere quel poco di buono che, nel corso del suo mandato, è stato operato, cercando però di prestare maggiore attenzione allo sviluppo delle squadre di club ed in particolar modo delle giovanili, vero fulcro di ogni federazione sportiva degna di rispetto. E per farlo, ovviamente, non si può lasciare tutto in mano alle nuove squadre o, comunque, a quelle di un livello più elevato (nazionale, non europeo)».