Quasi trent’anni con la divisa gialloblu. Più che una maglia, per Gabriele Arziliero quella del Rugby Frassinelle si è trasformata nel tempo in una seconda pelle. ‘Ho iniziato a giocare a rugby nei vecchi impianti sportivi del Frassinelle – ricorda oggi -. Poi, dopo le esperienze a Rovigo e Badia, sono tornato alla base, anche per ragioni sentimentali’. E qui Dolores, sua moglie, nel suo percorso rugbistico, ha senza dubbio recitato una parte fondamentale. ‘Devo solo ringraziarla, perché mi ha sempre seguito e sostenuto, anche nei momenti di difficoltà, diventando negli anni anche una volontaria del club’. E poco importa, allora, se infortuni e carta d’identità ogni tanto bussano alla porta di Arzi. Alla soglia dei 39 anni, l’icona gialloblu non ha paura a spalancarla. ‘Forse tra non molto smetterò, ma non importa. Perché, chi gioca a rugby, rimane rugbista tutta la vita’.
Gabriele, stanno scorrendo i titoli di coda di questa stagione. Come giudichi il cammino del Frassinelle?
‘E’ stata una buona stagione. Poteva essere ottima con un paio di vittorie in più, che ci avrebbero permesso di coronare il sogno della promozione, vincendo sia la penalizzazione che le seconde squadre dell’Eccellenza’.
Negli ultimi anni hai vissuto un cambio di ruolo, da centro a terza linea. Quest’anno, anche seconda. Come mai e come ti trovi in mischia?
‘Età e infortuni hanno contribuito, ma non nego che il mio habitat naturale è la terza linea. Quest‘anno ho sperimentato anche il gioco in seconda ed è stato molto divertente. E’ un lavoro che si vede poco, ma utilissimo per la squadra’.
Nelle scorse stagioni, in un paio di occasioni avevi avanzato l’ipotesi di un ritiro, poi sempre rientrata. Da dove derivano i ripensamenti?
‘Il rugby è una stupenda malattia che non riesco più a curare e ogni volta che penso di smettere, testa, cuore e amici mi convincono a rimandare’.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
‘Voglio restare nel mondo del rugby, sport che mi ha dato tantissimo e che mi sento in dovere di continuare a praticare; se non come giocatore, come Educatore’.
Negli anni sei diventato un punto di riferimento a Frassinelle, in campo e fuori. Come vivi questo ruolo?
‘Non mi sento un leader, ma mi piace dare qualche consiglio ai ragazzi più giovani appena arrivati al campo’.
Chi era un leader per te?
‘Il mio esempio era Diego Salvan. Amico che ho sempre ammirato, sia in campo che fuori’.
Ai tuoi compagni di squadra, come cerchi di dare l’esempio?
‘Offro sempre il 100% e non mi risparmio, belle o brutte situazioni che siano. Il rugby mi ha insegnato questi ideali, che applico sia in campo che nella vita: dare sempre tutto e non tirarsi mai indietro, lottare per ciò che si vuole ottenere perché nessuno ti regala nulla. Purtroppo ormai anche nel rugby, come nella società, la meritocrazia e lo spirito di sacrificio sono sempre meno presenti e quindi cerco di far capire quanto importanti siano tali valori’.
Un sogno che vorresti realizzare.
‘Avrei tanto desiderato chiudere la stagione con la promozione’.
Da quest’anno vivi la doppia veste di giocatore/Educatore. Come vedi il futuro del Rugby Frassinelle?
‘Mi auspico che la Prima Squadra spicchi il volo in una categoria più prestigiosa, dove merita di giocare. Tutta la società sta lavorando in questa direzione’.
E in giovanile?
‘C’è molto lavoro da fare, ma le soddisfazioni che ci stanno dando i nostri ‘piccoli polli’, insieme alle loro stupende famiglie mi fanno pensare a un futuro ancor più radioso’.
Un aspetto sul quale lavorare di più.
‘Far capire alle famiglie dei bimbi l’importanza di praticare questo sport, gran maestro di vita se fatto con i criteri giusti: grazie al rugby si impara lo spirito di sacrificio, il dover sudare per guadagnarsi il posto e i metri in campo, la vita di gruppo, l’umiltà nel saper perdere e vincere. Aspetti importanti anche nella vita di tutti i giorni’.
Il sacrificio più grande che hai fatto in nome del rugby.
‘Tanti, sia familiari che lavorativi, per non parlare degli infortuni subiti. Rifarei comunque tutto al 100%’.
Una passione che curi fuori dal campo.
‘Adoro guardare tutti gli sport, oltre al rugby. Se ho tempo mi piace godermi un giro in mountain bike. Poi, la compagnia di tutti i miei amici, con una birra in mano’.
Un rito che ripeti sempre prima di entrare in campo.
‘L’ unico è il segno della croce. Non sono scaramantico, nel rugby la fortuna conta poco. O si placca e si avanza, altrimenti non si può vincere’.

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