Di Davide Macor

«In Italia il movimento rugbistico soffre. Per guardare al futuro con serenità bisogna innovare e rinnovare» con queste parole Gianni Amore ha iniziato la breve intervista che ci ha concesso, in merito alla sua candidatura come Presidente della Federazione Italiana Rugby.

Come vede al momento la situazione del rugby in Italia?

Diciamo che la situazione è sotto gli occhi di tutti, il nostro movimento non è di certo in una fase positiva. Il lavoro fatto negli anni è stato tanto, spesso positivo, ma al momento non sta dando i frutti sperati. Abbiamo aumentato la quantità dei partecipanti nel mondo del rugby, ma non la qualità ed è in quest’ottica che dobbiamo lavorare: uniti per crescere dalla base, dalle fondamenta, dal “Progetto Scuola”. Una filosofia che deve iniziare con il coinvolgere “futuri rugbisti” già in tenera età, dall’Under 6, ad esempio.

Per cui il fulcro di tutto sono i giovani? Però anche la formazione di educatori e allenatori deve andare di pari passo, giusto?

Sono due mondi che viaggiano paralleli, lavorando bene sugli educatori, sono i bambini a trarne fin da subito i miglioramenti maggiori. Poi il rugby piace e i bambini sono sempre più incuriositi da questa disciplina, passare una palla è più facile che fare canestro…In più il rugby è considerato uno sport “trasgressivo”, fatto di contatto fisico, di fango, tutte cose che i ragazzini adorano e che possono essere un iniziale veicolo “di legame” verso questo sport.

Parliamo ora dell’Eccellenza, l’ex TOP 10: quel campionato che dovrebbe essere la vetrina da cui “pescare” talenti per arricchire le franchigie della Celtic, ma che in realtà affanna tra organizzazione e figuracce europee. Qual è il suo punto di vista?

Torniamo sempre al discorso delle nuove leve. I giovani che prima facevano solo panchina e guardavano giocare il Top 10 dagli stranieri o dai giocatori maggiormente blasonati, si sono ritrovati ad essere titolari fissi. La poca esperienza ha fatto il resto, dobbiamo saper aspettare e metterli nella posizione di poter crescere. Mentre ci adoperiamo per strutturare un movimento giovanile di livello assoluto.

In che modo possiamo lavorare per questo rinnovamento?

La Federazione ha fatto bene ad investire sulle Accademie, solo lavorando così si possono ottenere risultati concreti. Per me, però, è fondamentale aumentare il numero dei giocatori U.18 da mettere sotto controllo.  Con la formazione di 10 franchigie regionali/interregionali, che fanno un campionato proprio e che deve essere ll primo obbiettivo dei giocatori U.18 che giocano nei campionati regionali. Così avremo il monitoraggio di circa 300 atleti, che ogni domenica si scontrano tra di loro ad un livello superiore rispetto ai campionati regionali, in quanto trattasi di vere e proprie selezioni.

Parliamo anche di lei, è una sfida personale e professionale questa candidatura. Come sta vivendo questa decisione?

La vivo con grande positività e curiosità. Lavorare per il rugby è fondamentale, una cosa che adoro e che mi piace davvero fare, questo sport ha scandito ritmi e tempi di tutta la mia vita. Dai tempi in cui giocavo e vivevo a Milano e Torino, fino al mio rientro qui in Sicilia. Aver avuto la fortuna di fare il Presidente del Comitato Siciliano mi ha aiutato a capire molte cose, abbiamo avuto tanto lavoro per rinnovare e migliorare, ma in buona parte siamo riusciti a risolvere gran parte dei problemi che c’erano. Dopo tre anni, però, sento il bisogno di cambiare, di provare nuove sfide. Questa mia candidatura è una sfida personale, vorrei davvero intervenire nel mondo del rugby concretamente e con la passione che ho da sempre per questo sport. Portare aria nuova e innovativa penso sia importante per il movimento.