Di Valerio Amodeo
Una chiacchierata di rugby con l’arbitro Giuseppe Ruta, nel mestiere da quasi 20 anni. Un professionista esperto e titolato, nei ruoli nazionali di serie B, formatore di base e coordinatore del gruppo regionale arbitrale dell’Umbria.

Quella dell’arbitro in tutti gli sport è  una personalità  discussa e al centro dell’attenzione per il ruolo che di fatto ricopre in campo. Nel rugby però, a differenza di altri sport, l’arbitro viene visto con un’ entità insindacabile, giusta e mai di parte. La mia sensazione è che però ultimamente questa idea sia stata messa in discussione, specialmente nelle serie minori, con la spiacevole conseguenza delle proteste in campo e ancor di più dei vari “processi” durante la settimana. Credi che la mia analisi sia corretta e in caso, da cosa può dipendere un simile atteggiamento?

No, non direi. Da giramondo arbitrale per via della mia collocazione geografica, noto comunque grande rispetto. Ciò che trovo differente è forse un rispetto maggiore per l’arbitro d’esperienza, che dimostra, nel bene e nel male, di fare il suo servizio con coscienza e scrupolo. Mi è sembrato, infatti, di scorgere qualche forma d’intolleranza nei confronti dei più giovani, salvo poi lamentarsi del fatto che arbitrino sempre gli stessi… A mio parere, forse la crescita del movimento non è andata di pari passo con la crescita ‘educativa’ di tutte le figure, cioè del rispetto reciproco dei ruoli. Il tempo per far tutto, purtropo, non c’è, ma è proprio per questo che incontri periodici tra arbitri, tecnici e squadre (non è pensabile, purtroppo, al momento attuale, qualcosa di simile con gli spettatori…) sono indispensabili.

In questi ultimi dieci anni c’è stato un incremento di iscritti alla Federazione Italiana Rugby e la nascita di diverse società. Di pari passo però sembra mancare un parallelo aumento degli iscritti nella classe arbitrale. Come migliorare questa situazione e quale consiglio ti senti di dare ai giovani che intraprendono la carriera arbitrale nel rugby?

Non sono del tutto d’accordo. Nella mia regione siamo passati in quattro anni dall’avere l’arbitro regionale migliore di tutti (in quanto unico) a contare un gruppo di oltre venti unità, che collabora nei campionati del centro Italia. Altre regioni possono essere in difficoltà, ma nel complesso il lavoro di reclutamento è positivo, anche se migliorabile, come ogni umana faccenda. Posso dire, invece, che non tutte le società sono sensibili all’argomento ‘formazione arbitrale’: come ho detto prima, ferme restando competenze, responsabilità e passioni dei singoli, sarebbe auspicabile che in ogni società ci fossero almeno quattro – cinque persone abilitate ad un corso arbitri. Infatti, indipendentemente dall’arbitrare o meno (che si può sempre fare, in deroga all’attività di giocatore/accompagnatore/tesserato, magari nelle U14, nelle U16 e nelle U20, dando una mano a tutti con la propria esperienza di campo e/o di tecnica unita alla conoscenza del regolamento), diffondere la cultura regolamentare, i termini tecnici e così via non può fare altro che bene, nell’ottica anche della mia risposta precedente. Per dirne una: delle tantissime società romane, la maggior parte degli arbitri proviene da una società non d’eccellenza…

Quest’ultima domanda è un po’ più personale. Cosa provi quando dirigi un incontro? e quali sono le sensazioni e l’emozioni provati nei vari momenti del match come a esempio quando subisci una protesta per una possibile svista o al contrario scopri chi tentava di fare il furbo?

Cosa provo? Calcare il campo è sempre bellissimo. Che sia una U14 o una serie B, giocare assieme agli altri è meraviglioso. Questo sport ti entra nel sangue, che lo si sia praticato o meno. Provate a leggere l’introduzione al Grande libro del rugby, edizioni Giunti, scritto dal mio miglior collega e arbitro di serie A Leonardo Masini: il profumo di fango, fatica e sudore che si respira è unico.
Anche con un fischietto in mano. Anche con responsabilità e compiti diversi. Ed è quanto mi confermano i giovani colleghi che ho contribuito a formare e che hanno cominciato a calcare i campi, divorati dalla passione. Non è mai troppo tardi per mettersi in gioco, con la palla o con il fischietto.

Ringrazio vivamente Giuseppe Ruta per la sua disponibilità e simpatia.