“Passeggiando” per i social network ci si può imbattere davvero in tante cose, spesso inutili e prive di alcuna veridicità, in questo caso, però, ho incontrato un post sul mondo del rugby femminile, davvero interessante e che non poteva non incuriosirmi. Così ho contattato l’autrice, Federica Bortolato e le ho chiesto se potevo diffonderlo e commentarlo.

Allora, per non lasciarvi nel dubbio, riporto il suo sfogo/pensiero, poi ne parleremo:

 

Domenica 3 febbraio, in concomitanza con la prima partita del 6 Nazioni, la FIR organizza un evento a cui sono stati invitati circa 400 ex azzurri, per la consegna dei Caps…Noi ex-azzurre ringraziamo molto per NON essere state invitate, perchè così facendo continuiamo ad avere la nostra identità di “RIFIUTATE”, continuiamo a credere nella lotta per rivendicare il diritto a praticare uno sport che piace a noi tanto quanto ai nostri colleghi maschi… Difficilmente negli altri sport ho sentito usare la parola femminile: le mie amiche fanno basket, volley o vanno in piscina, ma quando parlano di loro non dicono “faccio nuoto femminile”, perchè semplicemente nuotano. Ecco, noi rugbyste, per tutta una vita abbiamo dovuto aggiungere quel “femminile” che a volte ci stava proprio stretto!! Abbiamo giocato a rugby con tutti i nostri limiti, dettati spesso dalla carenza di allenatori che ci potessero aiutare adeguatamente, ma comunque con tutto il nostro entusiasmo, con la nostra passione, con il sole e la pioggia, su un campo delle stesse dimensioni di quello dei maschi, con la stessa palla e per 80 minuti come per loro.

Ma nonostante questo continuiamo ad essere INVISIBILI, un sassolino nella scarpa che, per quanto vi siete impegnati, in tanti anni, non siete riusciti a togliervi…

Ecco volevo dirvi di dormire sonni tranquilli: da quel 1991 in cui siete stati costretti a riconoscerci ufficialmente per la 1^ coppa del Mondo, le donne che giocano a rugby sono aumentate di anno in anno, fate pure finta di niente, ma INSTANCABILMENTE, come sempre, noi ci siamo comunque….”

 

In queste poche righe si riassume uno dei tanti problemi del rugby italiano: la scarsa considerazione data alle discipline che non siano la Nazionale Maggiore. I risultati del rugby femminile, ad esempio, sono sotto gli occhi di tutti: le ragazze vincono e bene, nel Sei Nazioni di categoria, si affermano a livello continentale e ottengono risultati positivi anche nel Seven, cosa che alla nazionale maschile non riesce proprio. Eppure, nonostante tutto questo, vengono ignorate; certo nel corso degli anni ci sono stati grandi passi avanti, ma mai definitivi. Ad esempio, come dice bene Federica (ti do del tu, mi viene meglio) da noi si deve sempre aggiungere quel “femminile” dopo la parola rugby, che tanto sta stretto alle praticanti di questo nobile sport. Una/o dovrebbe giocare a rugby e basta, o mi sbaglio?  Ora, non ditemi che con 400 azzurri invitati, non ci sarebbero state bene anche, almeno, un centinaio di ragazze. Quali? Quelle che hanno creduto da subito nelle potenzialità di questa disciplina sportiva, quelle che hanno fondato il movimento, quelle che si sono battute per ottenere il rispetto che, oggi, le ragazze della nazionale femminile hanno e che confermano partita dopo partita. È davvero un peccato, l’ennesima occasione sprecata. Vabbè, le cose cambieranno, speriamo. Io intanto sto con Federica e con tutte quelle persone che si sono battute perche il rugby, femminile e non, arrivasse a riempire gli stadi.