Di Roberto Pecoraro

Il problema che ho preso in considerazione è la struttura frammentaria e non uniforme dei tanti gironi (regionali, interregionali, meritocratici, elite e chi più ne ha più ne metta) che porta ad una fase spareggi cervellotica e veramente assurda. La proposta che rientra nel disegno di riforma di tutti i campionati nazionali, prevede una serie “C nazionale” (da chiamare in qualche maniera precisa) composta da 6-8 gironi territoriali con egual numero di squadre partecipanti. Le vincitrici dei gironi andrebbero direttamente in B senza passare per i complicatissimi e, a volte, inutili spareggi.
Risultati della proposta:
– far giocare le squadre più forti e più attrezzate in un campionato competitivo
– ridurre le spese di trasferte con la creazione di più gironi territoriali (rispetto ai
teorici 4 in cui è divisa l’Elite)
– affidare alla Federazione nazionale l’organizzazione del campionato.

Un esempio pratico:
l’area 4, quella da Roma in giù per capirci, non organizza da 2 anni l’Elite per il fatto che le squadre che vi vorrebbero partecipare devono affrontare spese di trasferta pari a quelle di una squadra di B.
Se quest’area geografica la dividi in 2/3 gironi e riduci il numero di squadre per gironi si potrebbe ottenere un taglio alle spese e un campionato molto più “prestigioso”, lasciando ai comitati regionali l’organizzazione di una serie C di “propaganda” indispensabile per il movimento. Reputo sia necessario creare dopo la serie B un’altra categoria nazionale, che includa tutte quelle squadre che partecipano all’elite (che come sapete da 2 anni non si organizza al centro sud), più le migliori delle varie C regionali. Se si creassero 6 – 8 gironi da 8 squadre si potrebbero avere dei campionati maggiormente competitivi dove poter formare e far crescere sempre un maggior numero di giovani sportivi ed appassionati.

Mi auguro che le riforme per un rugby più semplice e strutturato partano dal basso perché non esiste solo un vertice della piramide su cui lavorare.