Deluso, come raramente o forse mai da quando seguo il rugby. Eppure di partite ne ho viste tante e di sconfitte patite altrettante. Anche più severe, più ingiuste, più gravi.

Cosa è mancato? Forse avremmo potuto avere delle linee di corsa migliori quando rovesciavano la difesa? O forse ci voleva Campagnaro dal primo minuto? O forse, ancora, dovevamo ridistriburci meglio in attacco e in difesa?. No, è qualcos’altro

Palle! Ci volevano più palle! E non parlo di palloni giocabili (si anche quelli, ovvio), ma di grinta, determinazione, voglia. Banalmente si dice che nel rugby spesso vince chi ha più voglia. Oggi è stato vero. L’Irlanda era la squadra più determinata in campo e la nona meta a tempo scaduto, voluta e cercata, ne è la prova.

L’Italia, invece, è rimasta negli spogliatoi; la consapevolezza di affrontare un avversario più quotato si è tramutata in una sconfitta al fischio d’inizio. Perchè non è la sconfitta in sé, né gli errori commessi dai singoli che pure sono stati tanti e in alcuni casi imbarazzanti, ma è l’atteggiamento generale tenuto dalla sqaudra negli 80 minuti. E’ mancata quella voglia e quello spirito di sacrificio che ci hanno contraddistinto anche in momenti ben più difficili di questo. Per la prima volta il gruppo di O’Shea è sembrato disunito, come quindici singoli smarriti nel campo che provavano ad aiutarsi senza sapere come.

Roma non si costruisce in un giorno e non si cambia mentalità in un mese, su questo il tecnico della nostra nazionale ha ragione e, aggiungo io, una giornata davvero storta capita a tutti (perfino gli All Blacks perdono), ma l’attitudine e la consistenza devono essere caratterisitche necessarie di chi scende in campo e i fischi di oggi dei tifosi al termine della partita dimostrano che ne siamo privi.

Dobbiamo ripartire dalla rabbia che trasudava Parisse in conferenza stampa e dalla sua delusione per la partita non giocata. Nessuno chiede miracoli, nessuno pensa che una eventuale sconfitta in Inghilterra possa essere inaccettabile, ma ricordo una Italia con Mauro Bergamasco schierato a numero nove perdere in malo modo a Twickenham vendendo cara la pelle.

Perchè, caro Sergio, a differenza di quanto hai detto intervistato dalla TV, non tutti avete dato l’anima in questa partita. Non lo credo, o non lo voglio credere, perchè, altrimenti, la strada e molto più in salita di quanto si possa immaginare.

@valeamodeo