Un passato comune da Bersaglieri e un destino che li ha avvicinati come allenatori, fino a unirne le strade quest’anno, sulla panchina del Frassinelle. Dario Dardani e Antonio Romeo sono infatti i direttori dell’orchestra gialloblu che in questa prima parte di stagione ha incantato con sette sinfonie raggiungendo il terzo posto in classifica, con vista sulla vetta. Ecco un primo bilancio da allenatori dei galletti.

Un giudizio sulla prima parte di stagione.
Dardani. ‘Più che positivo. Abbiamo vinto sette partite su otto con i 5 punti e se non fosse per la penalizzazione saremmo primi da soli in classifica’.
Romeo. ‘Positivo. Il gruppo era nuovo e i ragazzi dovevano conoscersi. Tutto è andato per il meglio e sono molto soddisfatto’.
Voto ai primi mesi della squadra.
D. ‘8.5. Ma di lavoro ne abbiamo ancora molto da fare’.
R. ‘Meriterebbero un voto alto per l’unione dimostrata in tutte le situazioni e la grande disponibilità, ma preferisco rimanere con i piedi per terra. 6.5’.
Definite il rugby con 3 aggettivi.
D. ‘Completo, formativo, e soprattutto divertente!’
R. ‘Stimolante, appagante e contagioso, perchè il rugby non è uno sport, ma una malattia…’.
L’allenatore al quale vi ispirate. O che ha influenzato di più il vostro percorso.
D. ‘Tutti gli allenatori che ho avuto da giocatore sono stati molto importanti. Gianni Visentin rimarrà nella storia del mini rugby italiano come uno dei migliori educatori di sempre. Alessandro ‘Nane’ Zanella, un grande giocatore che si è confermato anche come allenatore, uno che ha i colori rossoblu tatuati nel cuore. Lo considero un secondo papà. Andrè Bester, professionista in tutto e per tutto (durante quell’anno mi ha allenato anche Antonio). Guy Pardiès, tecnico attento, che mi ha fatto esordire con la maglia rossoblu. E Piero Tellarini, il primo a credere in me come allenatore. Penso sia un coach sottovalutato, ma forse perché come al solito è difficile essere profeti in patria’.
R. ‘Non ho un allenatore al quale mi ispiro; cerco sempre di adattarmi alle qualità dei ragazzi che alleno. Senza dubbio, ringrazio tutti quelli con i quali ho lavorato, perché ognuno mi ha lasciato qualcosa. Mattia Dolcetto è stato il mio formatore e ha creduto maggiormente in me; poi Stefano Bordon, Andrè Bester, Cesco Dotto, Manuel Ferrari, Polla Roux, Massimo Brunello. Tutti amici e ottimi allenatori dai quali ho cercato di imparare qualcosa.
Dove vi vedete tra 5 anni?
D. ‘Spero di essere ancora a Frassinelle, con la squadra almeno in serie B e tutte le giovanili, dalla 6 alla 18! Mi piacerebbe vedere un’evoluzione come è successo a Valsugana o alla Tarvisium. Due società modello nel Veneto’.
R. ‘Onestamente non lo so. Mi piacerebbe fare in modo che Frassinelle diventasse un bel gioiellino, un esempio di umiltà e volontà’.
Se tornaste indietro…una decisione che non riprendereste…
D. ‘Ci sono cose che non rifarei nella mia vita, ma non nel rugby’.
R. ‘Nessuna decisione che non riprenderei. Ma ho un rimpianto: nel 2011 avrei voluto conquistare lo scudetto con i miei ragazzi della giovanile del Rovigo. Se lo meritavano’.
Quando (e se) discutete tra voi, chi ha più spesso ragione?
D. ‘Forse Antonio, ma credo che non ci sia ancora stata una decisione non condivisa da entrambi, viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda’.
R. ‘Non discutiamo mai, ci sentiamo spesso, la pensiamo allo stesso modo e ci capiamo al volo’.
Chi e’ il cattivo con la squadra?
D. ‘Quando serve lo siamo entrambi’.
R. ‘Siamo entrambi sanguigni e impulsivi, non c’è un cattivo’.
Definite il collega con un aggettivo.
D. ‘Antonio è competente, molto’.
R. ‘Dario è una macchina da guerra. Non si fermerebbe mai’.
E una sua qualità che vorreste far vostra.
D. ‘L’analisi precisa e immediata delle situazioni di gioco’.
R. ‘Lui è sempre allegro, con il sorriso pronto e disponibile. Io a volte, quando arrivo al campo con l’allenamento in testa, mi concentro solo su quello. Dario, anche sdrammatizzando con una risata, riesce a essere incisivo, una qualità che gli invidio’.
La caratteristica che tutti gli allenatori dovrebbero avere.
D. ‘Umiltà e voglia di imparare…sempre!’
R. Umiltà. Prima di essere buon allenatore sul campo devi essere un allenatore di teste’.
Un giocatore che vorreste o avreste voluto allenare.
D. ‘Non si allena un giocatore ma una squadra, quindi dico Rovigo’.
R. ‘Mi sarebbe piaciuto allenare AJ Venter, un mio caro amico. E’ una persona determinata, che ha sempre avuto le idee chiare. Sarebbe stato curioso allenarlo’.
Una qualità che cercate in un giocatore.
D. ‘Umiltà’.
R. ‘Disponibilità a crescere, sacrificarsi e capire’.
Una caratteristica che non vi piace vedere in un giocatore.
D. ‘Mancanza di autocritica’.
R. ‘Fuori dal campo, atteggiamento da superstar. In campo, chi gioca per far male e fa della caccia all’uomo il suo sport domenicale’.
Quando non siete occupati con il rugby, cosa fate nel tempo libero.
D. ‘Ho una compagna e una meravigliosa bambina di otto anni; gli impegni non mancano’.
R. ‘Guardo partire di rugby, mi informo. Altrimenti mi concedo qualche giro con la bici, mi aiuta a pensare. O con la moto’.
Perche i genitori dovrebbero spingere i propri figli a giocare a rugby?
D. ‘Bisognerebbe chiederlo ai nostri ragazzi di under 6, 8, 10. Loro darebbero rispose semplici, limpide e senza essere influenzati da nessuno. Io dico sempre ai genitori di far provare il rugby ai figli. Saranno poi loro a scegliere se continuare o meno’.
R. ‘I genitori dovrebbero spingere figli a fare sport, qualsiasi, basta che venga fatto. Perchè il rugby? Perchè è emozionante. In campo, il bambino deve districarsi, evitare il placcaggio e andare a segnare la meta con un pallone a volte quasi più grande di lui. E mentre lo fa, si diverte. E il genitore, guardandolo, si emoziona’.

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