Aurel Contrea, 36 anni, si è impiccato in cella. Era in carcere da qualche mese e l’avvocato e familiari ora dicono che l’uomo da tempo era in stato di depressione.
Faceva parte, da qualche tempo, della squadra di rugby «La Drola» che milita nel campionato di serie C. Il presidente, il notaio torinese Natale De Lorenzo, è scosso: «Il nostro è un lavoro difficile, ma ricchissimo, davvero, di tante soddisfazioni. Per una questione di rispetto per la persona che non c’è più, preferisco non aggiungere altro. Posso dire solo che siamo, con tutti i dirigenti e tutta la squadra, molto addolorati, molto provati per quanto è accaduto». L’avventura dei detenuti rugbisti, un esperimento unico a livello nazionale, fortemente voluto anche dalla direzione del «Lorusso Cutugno», è stata seguita dai media con un’interesse speciale, per i risultati ottenuti sulla strada di un pieno recupero per i reclusi che hanno scelto di allenarsi, imparare i segreti del rugby e infine di giocare con gli atleti delle altre squadre, tutte ospiti del campo di gare realizzato all’interno del carcere.

Una fiaba che s’è spezzata la notte di San Silvestro. Contrea aveva un fisico atletico, era un uomo che – attraverso lo sport – sembrava avviato al recupero, nonostante gli anni di prigione che doveva ancora scontare. Si chiude così un anno tragico per il carcere torinese: sei morti impiccati (uno nella camera di sicurezza di una caserma), più una lunga serie di persone salvate all’ultimo istante dagli agenti della polizia penitenziaria. A volte, questi interventi in extremis, non fanno neanche più notizia. Tanto sono frequenti. Uno degli ultimi in ordine di tempo, riguarda un giovane pusher egiziano. Salvato quando già aveva il cappio attorno al collo. (lastampa)