Una mostra che nasce da un bisogno tanto essenziale quanto ingenuo: provare a fermare il tempo della nostra vita per un istante, per un solo istante, giusto la frazione di uno sguardo, di un’emozione, di una rivelazione.
Di uno scherzo.
Una mostra che si propone di raccontare gli anni del rugby in Sicilia per svelare attraverso il rugby chi sono e cosa non sono i siciliani, quali sono stati ieri o diventeranno negli anni a venire.
Gli anni della meta… la meta come ragione d’essere uomini, donne, bambini o comunità… la meta che ciascuno pone dove vuole, dove sa o può.
Per rimodellare quello che sarà il futuro di un popolo eternamente incagliato nel mare e nella sua gibigiana accecante…incessantemente in viaggio verso il sogno, la speranza, la disillusione e il ritorno.
Si è detto che noi siciliani siamo la metafora di qualcosa che è oltre noi e che è più di noi.
Si è detto che siamo la somma di tanti che in noi siciliani sono diventati uno solo e poi centomila altre anime inquiete in giro per il mondo.
Perché un siciliano è sempre un essere concluso e solitario nella sua capacità di vedere e sentire le sfumature degli altri e di nascondere dentro la propria immaginazione i suoi indicibili segreti pronti a far traballare gli equilibri della logica e delle convenzioni.
Per questo forse siamo stati giganti e ciclopi, forse abbiamo costruito officine come le divinità dentro i vulcani, forse siamo stati mostri e gorghi nello stretto; forse siamo stati Shakespeare e la Fata Morgana, Al Capone e Falcone.
Sarà così… non lo sarà… che importanza ha correre dietro ai sogni e alla realtà se ciò che conta è correre sapendo dov’è la meta?
Mentre gli occhi dei fotografi vanno più veloci dei piedi di un’ala; fissano situazioni che sono più forti di un ingaggio; sono istinto e intelligenza audace più dell’ apertura di un raffinato mediano; sono la speranza dell’attesa di una prova senza appello a cui nessun estremo può sottrarsi.
Ecco perché chiediamo ai fotografi di raccontare il rugby in Sicilia.