Di Andrea Pelliccia

L’arrivo di Pierre Villepreux nel 1978 alla guida della nazionale italiana fece compiere alla nostra rappresentativa un notevole passo in avanti, soprattutto in termini di mentalità e di gioco.

I risultati furono, come spesso è accaduto al nostro rugby, discontinui. Dalla vittoria di Rovigo per 19-6 contro la forte Argentina di Hugo Porta alla pesante sconfitta di Bucarest per 44-0 contro la migliore Romania di sempre, passando per le sconfitte onorevoli del 1979 contro la Francia (9-15 a Padova) e gli All Blacks (12-18 a Rovigo).

Il tour di giugno e luglio del 1980, il più lungo e impegnativo organizzato dal 1973, fu accompagnato da grandi aspettative, solo in parte ripagate.

Il capitano della spedizione era il pilone Ambrogio Bona.

Prima tappa a Long Beach, negli Stati Uniti, avversari i Californian Grizzlies. Proprio a Long Beach un mese prima gli Stati Uniti avevano impegnato duramente il Galles B uscendo sconfitti per 24-18 da una meta segnata all’ultimo minuto. I Grizzlies batterono l’Italia 18-9.

Tre giorni dopo, il 14 giugno, gli Azzurri giocarono a Suva, capitale delle Isole Figi, il primo Test Match del tour. Vinsero le Figi 16-3. Partita senza storia: primo tempo 12-0, sconfitta resa meno amara grazie a un drop di Ghizzoni.

Una settimana dopo la nostra nazionale si spostò in Nuova Zelanda. Prima partita a Nelson contro la rappresentativa locale di Nelson Bays che si impose per 13-9.

Il 25 giugno arrivò finalmente la prima vittoria del tour: 13-9 contro Wairarapa Bush, squadra allenata da Brian Lochore, uno dei più grandi numeri 8 neozelandesi, nonché coach degli All Blacks che conquistarono la prima Coppa del Mondo nel 1987.

Tre giorni dopo tappa a New Plymouth per l’incontro contro Taranaki, il club in cui militava Graham Mourie. Azzurri sconfitti nettamente per 30-9.

Il 2 luglio la seconda vittoria della tournée contro Horowhenua: 21-12.

L’ultima partita in Nuova Zelanda ad Auckland contro gli Junior All Blacks, la nazionale giovanile neozelandese. Ancora una sconfitta: 30-13 (primo tempo 13-3). Uniche note liete, le mete nel secondo tempo di Tinari (all’esordio) e di Elio de Anna.

Sarebbe stato un tour tutto sommato positivo se l’Italia avesse battuto, come ampiamente prevedibile, gli avversari dei due Test Match successivi: le rappresentative delle Isole Cook e di Tahiti.

La prima delle due partite fu giocata solo ventuno ore dopo quella contro gli Junior All Blacks. Stanchezza per la partita precedente, stanchezza del viaggio (le Isole Cook sono a metà strada tra la Nuova Zelanda e le Hawaii), fuso orario non smaltito. Tutti questi fattori contribuirono a scrivere una delle pagine meno nobili della storia del rugby italiano. Avarua, 6 luglio 1980: Isole Cook – Italia 15-6. I punti dell’Italia, tutti nel primo tempo, realizzati da Bettarello (calcio piazzato) e da Ghizzoni (drop).

Il tour dell’Italia si concluse due giorni dopo a Tahiti, realtà rugbistica nata pochi anni prima proprio grazie a Villepreux e alla Federazione Francese. Facile e ampio successo per gli Azzurri: 74-0.

Mi piace concludere questo breve resoconto del tour del 1980 riportando alcuni stralci di un articolo intitolato Italian Impact Impressive in cui il giornalista neozelandese Terry McLean presentava i nostri atleti in tournée. Interessante e utile per capire il punto di vista dei maestri neozelandesi sul nostro rugby emergente.

If Rugby matches up to and including international fixtures were to be decided by the personal charm and innate modesty of the players and their impact as a team on society, I have little doubt that Italia and Romania would annually contest the Grand Final. Certainly no more pleasing people have come my way in the game. […]

Bona as a tighthead prop would be as welcome as the flowers in May anywhere in this country – strong, durable, a good straight back, the ability, so essential at tighthead, just to plug along from kick-off to no-side. […]

Claudio Robazza, the hooker, may be a little slim by New Zealand standards; but any cove who can pick up six heels against the head at his first appearance in a foreign country commends himself as a technician, and a good right one, too. […]

At the end of the opening match at Nelson, Elio de Anna, the choirmaster of the team, was named as the Italian Player of the Day. […] He is robust, very fast and a sure handler. […]

There’s no question that Stefano Bettarello is a flyhalf of ability and great promise, specially gifted with educated feet. At 22, he has years of high-quality play ahead of him.

Sulle qualità dell’astro nascente Bettarello, McLean aveva visto giusto: nel 1987 il nostro mediano d’apertura fu il primo italiano a indossare la prestigiosa maglia dei Barbarians (si veda anche il mio pezzo “Stefano e Will” http://www.nprugby.it/stefano-e-will).

 

Nelle immagini seguenti: i programmi ufficiali delle partite contro Nelson Bays e Taranaki, il biglietto della partita contro gli Junior All Blacks, le foto dei protagonisti del tour.