Di Lorenzo Cirri

E’ carina la stazione di Pianoro. Un approdo nel bianco dell’Appennino Tosco-Emiliano, quasi un paesaggio da fiaba, neve e nebbia che si accarezzano, si fondono. E il respiro della montagna. Si e’ carina la stazione di Pianoro e anche se pensassi il contrario dovrei farmela piacere per forza, visto che ci passerò almeno un’oretta. Il treno è fermo, in realtà non so nemmeno il perché (penso dipenda dall’abbondante nevicata), lo scompartimento vuoto. Mi piace, aspetto sempre con piacere queste pause dalla frenesia dei giorni, la scuola, gli allenamenti e tante altre cose. E’ il tempo che mi permette di raccontarvi i miei pensieri. Oggi ho un po’ di scartoffie da rimettere insieme. E’ ricominciata la scuola ed io ho ricominciato le mie ricerche. Mi è sempre piaciuto provare a capire come sono iniziate le cose. L’ho fatto anche con il rugby femminile. Mi sono divertito un sacco a leggere e raccontarvi la storia di Emily Valentine, la studentessa che ha giocato in Irlanda per la Portora Royal School nel 1887, la prima donna ad essere registrata ufficialmente come giocatrice di rugby. Come vi ho detto (e come si evince da più parti), probabilmente Emily non era la sola ragazza ad apprezzare e giocare il rugby anche in altre parti d’Europa nello stesso periodo. Se fino a questo momento questa era solo una considerazione proprio in questi giorni è emersa la prova che già sei anni prima, ovvero nel 1881, c’erano ragazze che giocavano a rugby. Dove? Questa volta la nostra macchina del tempo virtuale ci porta in Scozia.
La scoperta è recentissima, visto che alla fine del 2012 dalle nebbie del tempo sono emersi una serie di articoli di giornali locali scozzesi. Tuttavia per non ferire l’orgoglio irlandese possiamo affermare senza dubbio che la scoperta non è così inequivocabile come la storia dei successi di Emily, ma è tanto più affascinante proprio per quello che rivela in merito allo sviluppo dei codici di gioco concorrenti al già conosciutissimo “football”, ed è veramente indicativa per la comprensione degli atteggiamenti della stampa e della popolazione nella “Victorian Age” riguardo l’idea di donne che giocavano il nostro bellissimo sport, considerato allora esclusivamente maschile
Che cosa si intendeva con “football” nel 1870 e 1880 non è sempre chiaro. Il gioco che noi chiamiamo calcio aveva allora meno di 20 anni ed aveva da poco cominciato a divergere significativamente dal rugby. Come risultato i club e le squadre si alternavano frequentemente tra i diversi codici e gli eventi pubblicizzati come “partite di calcio” (soprattutto quando non facevano parte di un torneo ufficiale) potevano essere giocati sia con le regole ufficiali che con diverse variazioni sulle quali ci si accordava il giorno stesso.
Secondo gli archivi del giornale di Donmouth, all’inizio dell’estate del 1881 un gruppo di ragazze provenienti dalla Scozia avrebbe iniziato un tour, per giocare il “rugby” in varie città in Scozia e nel nord dell’Inghilterra. Le donne giocarono come “Scozia” ed “Inghilterra”, in alcune partite che possono a tutti gli effetti essere considerate i primi test match internazionali nella storia del rugby femminile. In effetti ignoro quante ragazze scozzesi e quante inglesi facessero parte di questo gruppo, ma non è poi così importante. Quello che so per certo (il mondo non è cambiato molto alla fine) è che queste partite furono un evento prettamente commerciale, un affare, con i prezzi dei biglietti che vengono definiti dal giornale “veramente alti”. Si parla di prezzi che variavano tra uno e due scellini (con le dovute proporzioni circa 20 € o più di oggi). Nonostante questo, una grande folla assistette alle partite. Quello che però è forse ancora più interessante è che gli articoli di questi giornali locali appaiono raramente lusinghieri nei confronti del gioco, giocato dalle ragazze (come vi dicevo prima il mondo di oggi non è poi troppo diverso) e l’atteggiamento della folla era fortemente discriminatorio nei confronti delle giocatrici. Alcune partite dovettero essere interrotte, con le ragazze costrette ad abbandonare il campo per evitare di essere malmenate dentro e fuori dal terreno di gioco.
Da quello che dicono questi giornali, fu il 25 giugno a Liverpool (dopo aver giocato diverse volte con le regole del calcio) che le ragazze, fuggite da Manchester quattro giorni prima, per evitare ulteriori disordini, decisero di cambiare qualcosa. Un articolo molto dettagliato del Mercury di Liverpool pubblicato il 27 giugno del 1881, ci racconta che le ragazze giocarono seguendo il codice del rugby, indossando un “kit” che le identificava come Scozia, affrontando un gruppo di ragazze che invece veniva identificato dalla divisa come “Inghilterra”. La storia prosegue con la minuziosa descrizione di come le ragazze scozzesi siano riuscite a realizzare due calci (che ancora venivano chiamati gol), nel primo tempo, prima di essere costrette dalle ragazze inglesi a subire un calcio nel secondo tempo. Alla fine la Scozia aveva meritato la vittoria per di due calci (gol) ad uno, punteggio, che è perfettamente in linea con una partita di rugby maschile giocata nel 1881, i punti venivano realizzati solamente calciando la palla in mezzo ai pali, mete e conseguenti trasformazioni non vennero introdotte che cinque anni più tardi.
La storia è affascinante, ma si trattò di vero rugby? Continuando a leggere l’articolo del Mercury, sembra che le giocatrici fossero solamente dodici per squadra, tuttavia le regole di rugby al tempo concedevano di adattare il numero dei giocatori. Nessuna menzione poi, da nessuna parte sulla palla usata. In verità noi ovviamente non potremo mai sapere esattamente cosa effettivamente successe quel pomeriggio al Cattle Market Inn Athletic Grounds, a Stanley (Liverpool), ma un altro indizio interessante che ci porta a considerare quella del 25 giugno una vera partita di rugby è recentemente venuto alla luce. Si tratta di una “carta” che si trovava in un pacchetto di sigarette del tempo, le “Otto De Rose”. Questa carta mostra una donna con un pallone da rugby ed il kit indossato è esattamente uguale a quello scozzese descritto nell’articolo del Mercury.
Questa carta è fu realizzata qualche anno più tardi, nel 1895, ma la società che l’ha pubblicata, la Ogdens era proprio di Liverpool. Chissà, forse questo tour non è stato un evento isolato nel nord dell’Inghilterra.
Così, mentre Emily Valentine rimane il “nome” ufficiale nella storia del rugby femminile, lei forse fu solo la punta di una montagna nascosta, la prova evidente dell’interesse delle donne ed anche la partecipazione a tutti i codici di gioco già alla fine del XIX secolo. Forse, da qualche parte, c’è ancora molto altro da scoprire!

Tutti i diritti riservati nprugby.it