Nuova franchigia veneta, nuova franchigia romana, il ritorno degli Aironi, nuova franchigia della Federazione. Ecco i temi che, ultimamente, vengono giustamente approfonditi un po’ ovunque, sono argomenti importanti, che dovrebbero far riflettere, perché per come si svilupperanno, influenzeranno inevitabilmente tutto il rugby italiano. Però, in concreto, dove porteranno questo nostro sgangherato movimento rugbistico? Personalmente non lo so. Più che altro non ho nemmeno un’idea seria a riguardo, perché nel mondo del rugby, in questo momento, vedo solo “tanto fumo e poco arrosto”. L’unica cosa che mi sento di sottolineare e sostenere è che gli Aironi vanno salvati, per tutta una serie di motivi. Per rispetto verso i professionisti che si sono impegnati per un’intera stagione, per il pubblico, sempre presente e partecipe tanto nelle vittorie, quanto nelle sconfitte (tante) e per chi ha creduto davvero in questo progetto. Le squadre possono fallire, ma non essere abbandonate dall’unico organo che dovrebbe tutelarle almeno un minimo, la federazione sportiva di appartenenza. Intervenendo a salvaguardia della Celtic League, però, si garantirebbero (giustamente) stabilità e appoggio all’unica categoria veramente professionale, ma per quanto riguarda il resto? Cosa succederà? Bella domanda, davvero una bella domanda. L’unica cosa sicura è che dalla serie A in giù, le società stanno affrontando un periodo oltremodo difficile, non ultima la “questione Udine”, che rischia di fallire nella stagione più bella (a livello di risultati). Per non parlare, poi, del numero sempre crescente di ritiri, nelle serie ancor più inferiori, che di fatto possono falsare un’intera stagione. Ragion per cui, da cosa si dovrebbe partire per risanare il tutto? A parer mio, per prima cosa, bisognerebbe ragionare per il bene del rugby e non per altri interessi. Un esempio: per quale motivo si è deciso di licenziare Green? Se c’è una cosa su cui in Italia si deve insistere, è la formazione di tecnici. Allora per quale assurdo motivo, mettiamo alla porta uno dei più seri e professionisti della categoria? Mah…In secondo luogo se c’è un’aria di rinnovamento generale e ci sono i presupposti per attuarlo, per quale motivo non lo si favorisce? Io a questo punto, per il bene del rugby, metterei da parte tutte le questioni politiche e penserei solo a favorire chi questo sport lo pratica perché si diverte, senza guadagnarci nulla, ovvero i giovani. È da li che si fonda un movimento sportivo solido e serio, di qualsiasi disciplina si tratti. Secondo me, è arrivato il momento di smetterla di parlare di stadi costruiti e lasciati alla “violenza delle intemperie”, di strutture rimbalzate tra mille enti e diecimila persone, di neo – nate società di minirugby costrette a cambiare sede e strutture di allenamento ad ogni minuto. È cominciando da queste cose che il nostro rugby può davvero cambiare: proviamo a vedere come vengono trattati i giovani rugbisti in Francia, ad esempio. Certo già l’aver creato le Accademie è stato un bel passo avanti, ma non ci sono solo quelle e poi, al momento, c’è fame di rugby nello stivale. Per cui agevoliamo questa voglia ovale e favoriamone lo sviluppo, tutelando i giovani e chi crede veramente in questo sport.