E finalmente arriva la domenica del “Big match”. Il risveglio è drammatico, come sempre, i pensieri corrono e il sonno è stato quanto mai difficile. Già riuscire ad addormentarsi è stata un’impresa epico – cavalleresca, riuscire poi a fare sogni tranquilli… una partita persa in partenza. In poche ore di “sonno” si può sognare di tutto: dal non sentire il suono della sveglia e non presentarsi alla partita, al far un in avanti a pochi centimetri dalla linea di meta al 14 minuto di recupero, da solo. Ma vabbè il momento per cui ci si è preparati per una settimana è finalmente arrivato: breve ma intensa occhiatina alla borsa da giuoco, rapido controllo e poi si inizia con la “solita” routine. Fugace sguardo alle condizioni atmosferiche, per valutare tutta una serie di fattori fondamentali ai fini della partita domenicale, a cominciare dai tacchetti da usare (io personalmente ho avuto per tutta la vita sportiva scarpe con tacchetti di plastica) e poi dritti in bagno a riflettere. Giornale alla mano, gentilmente abbandonato  a bordo water da qualche anima pia, si affrontano le notizie quotidiane, tentando di ignorare la tensione che inizia a farsi sentire in maniera quanto mai forte (inizia? Perché è mai mancata da una settimana a questa parte?!). Dopo la classica mezz’ora di riflessione sul water, arriva il momento di nutrirsi, una rapida colazione (di solito latte con i cereali), perché alle 11.30 è l’ora del brunch del rugbista. Il menù consiste in un piatto di pasta al pomodoro (spesso insipida), un piatto di prosciutto crudo e del grana, che sembra essere di plastica piuttosto che di formaggio. Comunque la strada da casa al campo è, senza ombra di dubbio, il momento peggiore. Da soli tra una pedalata e l’altra non rimane altro che pensare e i pensieri sono tutti rivolti alla partita che da li ad un paio d’ore si dovrà affrontare. Tutte le preoccupazioni “vengono fuori” non c’è via di scampo. Fortunatamente il tragitto è breve e l’arrivo al campo coincide con il confronto con tutta una serie di personaggi diventati storici nel corso degli anni. Per primi si incontrano i “due anziani” che sorseggiano “tagli” (bicchieri in dialetto) di rosso, appoggiati al tavolo esterno del bar all’angolo, in zona stadio. Loro hanno praticato tutti gli sport (tutti ad alti livelli) e dispensano consigli con una costanza ineguagliabile. A parer mio da quel bar non ci si sono mai spostati e, parlando sempre in generale, immagino non abbiano nemmeno mai visto una partita di rugby, ma va bene così anche loro hanno un’utilità: fanno sorridere e, per smorzare la tensione, è una cosa che aiuta. Il secondo incontro è il più impegnativo: il capitano. Lui ha una casa, dorme allo stadio perché è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene via. È più sveglio che mai e aspetta al varco tutti i “SUOI” giocatori: capisce chi è stato “bravo” e ha riposato, mentre per quelli che hanno fatto festa il sabato sera, le botte iniziano dal pre – partita…non c’è mai una via di scampo, lui sa e nessuno l’ha mai contraddetto. Superato il varco, la situazione è in discesa, almeno fino al discorso pre – partita dell’allenatore. L’entrata in spogliatoio è da sempre difficile, la tensione si potrebbe tagliare con un coltello, ma tutti fanno finta di niente e compiono dei gesti inusuali e soprattutto inutili. C’è chi scalda al termosifone gli indumenti da gioco, chi nudo fa stretching in doccia, chi entra e esce dal bagno con aria ansiolitica, chi già vestito di tutto punto testa ogni due minuti il terreno da gioco. Insomma si fa davvero di tutto. Gli unici apparentemente tranquilli sono l’apertura, le ali e i piloni. Queste tre categorie sono a sé stanti: l’apertura dall’alto della sua classe non si preoccupa mai, sa che comunque vadano le cose lei avrà fatto qualcosa di esteticamente importante e la sua sporca figura sarà sempre garantita. Le ali hanno sempre altro a cui pensare, le ragazze del week – end in tribuna, se mai la maglietta sarà sufficientemente attillata, se la capigliatura reggerà per tutto l’incontro,  mentre per i piloni l’unica cosa importante è fare a “pacche” (in gergo significa tanto contatto), una cosa che capita normalmente in una partita di rugby per cui…la tensione questa sconosciuta. A parte queste categorie per tutti noi mortali il morso allo stomaco è notevole e le tremarelle anche, il tutto chiaramente ben mascherato dietro una buona dose di “spavalderia”, perché in questi tra veri uomini non si possono avere debolezze (tutti sappiamo che non è così, ma nessuno vuole essere il primo a darlo a vedere).