«Ok, tutto è pronto, siamo “riscaldati” e motivati. Ora sta solamente a noi, tutto è nelle nostre mani, il risultato finale dipende solo da quanto concentrati e determinati affronteremo la partita». E vi pare poco…tutte queste cose “frullano” nella testa di ogni membro della squadra dal momento in cui la porta dello spogliatoio si apre, all’istante in cui l’apertura colpisce l’ovale per il calcio d’inizio. Detta così sembra facile e breve, ma in realtà è un lasso di tempo, assai difficile da quantificare per chi lo vive in prima persona. I più guardano nel vuoto, si aspetta in fila la squadra avversaria, per dare il via alla prima sfida, fatta di lunghi sospiri, occhiatacce e bicipiti tirati per far notare all’avversario di turno la grossezza del fisico (di solito nessuno ci fa caso, anzi, lo sforzo per tirare i muscoli è quasi sempre deleterio…). Fin da piccoli ci hanno insegnato che “più sono grandi e grossi, più fanno rumore quando sono placcati e cadono al suolo”, ma ancora a fine carriera sono in molti a guardare gli avversari e farsi intimorire, dalle loro fattezze fisiche. La cosa più “inquietante” è che quelli che spesso sono maggiormente intimoriti dagli avversari sono proprio quelli più “fisicati”. Così capita di vedere mediani di mischia che consolano e rincuorano seconde linee di due metri, oppure mediani d’apertura che  sostengono piloni da 130kg…che dire, anche questo è rugby. Superato questo momento di disorientamento, però, tutto fila liscio: l’entrata in campo passandosi la palla con gli avversari è una normale routine, ascoltare il tifo sfegatato delle 25 massimo 30 persone sugli spalti (per lo più mamme e parenti, oltre alle conclamate fidanzate di turno delle ali), anche, caricarsi un ultima volta pure. Poi è solo calma, mischiata con una buona dose d’adrenalina, fino al momento in cui il “tonfo” sordo del piede dell’apertura colpisce il pallone e sancisce, di fatto, l’inizio della battaglia. Ma questa è un’altra storia.