Da quando ho iniziato a giocare a rugby, sono molti i termini che ho sentito usare da compagni di squadra, allenatori e addetti ai lavori, oggi proverò ad elencarne alcuni. Una sorta di vocabolario rugby – italiano:

“Gibbone”: così vengono definite le seconde/terze linee alte e grosse. È un termine per lo più dispregiativo, ma in certe occasioni è usato anche simpaticamente;

“Lanciatore di coriandoli”: termine dispregiativo, usato per sottolineare il fatto che in squadra non servi a niente;

“Carbofante”: essere lenti e ciccioni, con pessime qualità tecniche, che in più a volte ti mettono pure in difficoltà;

“A straccio morto”: è una tipologia di placcaggio, usato solo dagli amanti del gesto tecnico. Placcaggio dolorosissimo per chi lo subisce, consiste in un tuffo/spallata sugli stinchi dell’attaccante;

“Mani di fata”: tipico di una certa tipologia di giocatori, che non sono in grado di tenere una palla in mano, nemmeno se se le spalmano di colla;

Pandolo”: così vengono definiti i ragazzoni forti e silenziosi. Lo si può intendere in maniera dispregiativa, ma anche usare solo come “etichetta”;

“Lancio a gatto morto”: gesto tecnico che classifica un tallonatore. Di norma l’atto corrisponde ad un lancio a palombella e immancabilmente verso i giocatori avversari;

“Il passaggio a busta (de piscio)”: è il fratello della “Palla della morte”, non serve a niente, anzi. È usato per lo più per fare danni e di solito chi lo riceve, deve subire anche tutta la difesa avversaria;

“Pioggia”: usato di solito per chi ha la fortuna di giocare con un pessimo calciatore, lui chiama un calcio per l’ala e il resto della squadra è consapevole che verrà stoppato oppure troverà una tocche inutile, di norma perdendo campo;

Continua…