Di Matteo Mazzantini

Non so quanto abbia di impertinente questo articolo, ma oggi sento di voler dire due cosette a tutti gli amici che amano questo sport e che cercano di mandare avanti una attività rugbistica.

In Italia negli ultimi anni si sono moltiplicate le squadre dei campionati minori, la serie C in molte regioni è ormai formata da tantissimi gironi. E’ un fatto ed è positivo. In genere si comincia in vari modi: un gruppo di persone decidono di fondare una società di rugby giovanile, che negli anni “produce” giocatori che vorranno giocare anche da adulti. Un gruppo di ragazzi adulti si appassionano al rugby e decidono di mettere su una squadra seniores. Oppure qualche giocatore di una squadra già esistente, non in accordo coi vecchi dirigenti, fonda una squadra diversa, in ogni caso, il fatto positivo è che in Italia, il movimento cresce e tutti siamo felici.

Nel caso in cui la squadra Seniores si è costituita coi giocatori formati dal vivaio, si può prevedere che quest’ultima abbia anni di prosperità, almeno a livello sportivo… Ma negli altri due casi, alla neo società si presenta subito un problema molto importante. Come sopravvivere al “passar delle stagioni”?

Tutti sanno, o dicono di sapere, che per resistere è necessario che ci sia, negli anni, un continuo apporto di giocatori giovani. Non tutti, però, si comportano in modo che questo flusso di giovani arrivi in prima squadra.

Cosa deve fare allora una nuova società, che per la prima volta si iscrive ad un campionato? E’ facilissimo! Oltre all’attività seniores, deve impostare subito un lavoro per almeno un’altra squadra giovanile! Ed ogni anno, l’obbiettivo deve essere quello di aggiungere una squadra a quelle già presenti.

Bella forza! Ci volevi te, Matteo Mazzantini, a dirci che servono le giovanili…

Lo so che questo concetto sembra una banalità, ma non lo è affatto. Ho girato l’Italia in lungo e largo per giocare a rugby e mi sono reso conto, personalmente, come è facile confondere le priorità di un Club sportivo. Lo spirito di competizione, se pur bellissimo, può portare a facili entusiasmi, che possono destabilizzare, fino al punto di distruggere, un’intera società. Succede anche ad alti livelli, a grandi realtà: basta pensare all’Amatori Milano, che un paio di anni fa per non affrontare le spese di un vivaio ritenuto superfluo, ha delegato l’attività giovanile ad un’altra realtà della zona e, quando c’è stato bisogno di quella linfa nuova per alimentare la 1° squadra, pluff… finito tutto, quella linfa non c’era più. Una storia gloriosa cominciata ne 1927 e adesso quasi finita. Ora in questo esempio ci sarebbero da dire anche altre cose importanti, ma il mio scopo non è analizzare quella realtà.

Il Rugby Livorno che adesso milita in serie A1, ha sofferto di quello che si può descrivere come il “fare il passo più lungo della gamba”: nelle stagioni passate si è fatto prendere da quel morbo della competizione sportiva abbandonando in parte il settore giovanile ed investendo troppo su stranieri che poi sono fuggiti. Si è trovato ad avere un buco di 3-4 anni di buoni giocatori provenienti dal vivaio e adesso soffre terribilmente militando in ultima posizione e con ben poche speranze di tenere la categoria.

Questi sono esempi di squadre importanti che hanno fatto quell’errore che prima o poi tutti fanno: trascurare il vivaio.

Ecco, cari amici, io voglio rinforzare questo concetto. Da subito e per sempre, una società deve puntare molte sue risorse sul settore giovanile, non fatevi raccontare la favola del “se non vinciamo non troviamo soldi” è una grandissima bufala. Solo un solido settore giovanile può mantenere una forte prima squadra e in più con buone giovanili si hanno molti genitori che allargano, rinforzano, aiutano, creano quell’ambiente genuino di cui il Rugby ha sempre bisogno!