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Prendo spunto dall’ articolo di Davide sul trofeo Topolino di Treviso per approfondire l’argomento.

Il tema dei tornei diventa focale ogni anno ed è visto da alcune società come un modo per dare lustro alle squadre e un senso alla stagione.

Ho avuto la fortuna di ricoprire diverse mansioni all’interno di società di rugby e, in particolare, quella di allenatore e direttore sportivo.

Questo mi ha permesso di vivere il momento del torneo da diversi punti di vista.

Premesso che, anche nel settore propaganda, lo spirito di competizione deve essere sempre trasmesso ai ragazzi per essere spronati a dare il meglio in campo, trovo assurdo che una società cerchi di selezionare i giocatori per andare a vincere un torneo.

Il torneo è un momento fondamentale per la crescita dei piccoli giocatori, sotto molteplici punti di vista. Prima di tutto è un momento di crescita personale non indifferente. Per molti si tratta della prima esperienza lontani da casa, senza i genitori, con il compito di doversi saper gestire e vivere come i grandi, con la responsabilità in più di rappresentare una maglia e una società. Poi c’è l’emozione di dover affrontare squadre nuove dopo essersi scontrati con le stesse per tutto l’anno o magari incontrare i pari età di una squadra blasonata o straniera, con la fantasia che crea una forte tensione positiva che solo i bambini riescono ad avere.

Credo che la volontà di fare una squadra per vincere venga direttamente dall’ignoranza di chi ruota intorno ai ragazzi: genitori, allenatori, dirigenza.

I primi, vogliosi di avere un figlio vincente, che diventi un grande atleta, ma che, magari, non hanno mai visto un campo da rugby, ma sono convinti ormai di essere dei veri rugbisti perché è da qualche anno che frequentano la struttura, convinti che la vittoria di un torneo possa finalmente dare al figlio e alla sua squadra quel qualcosa di grande.

I secondi, i tecnici, sicuri che una vittoria in un torneo, magari importante come il trofeo Topolino, li renda i grandi conoscitori del minirugby, i migliori in circolazione, pronti per allenare solo piccoli fenomeni. Ho sempre dubitato dell’allenatore che, presentandosi, mi elencava i tornei vinti, invece di soffermarsi a parlare della crescita dei suoi come uomini e come atleti, di come hanno sviluppato le proprie capacità individuali e le varie competenze in campo. Infine, la dirigenza, vogliosa che il nome della squadra esca dai campi sconosciuti di provincia e periferia e stia sulla bocca di tutti, con un trofeo da mostrare e lucidare in bacheca.

In ultimo, ricordo a tutti che è la formula stessa dei tornei, a non dare la vera dimostrazione di forza di una squadra. Immaginiamo che durante la prima partita del torneo, della durata di dieci minuti, uno dei piccoli scivoli, permettendo agli avversari di segnare la meta della vittoria. Quella sconfitta catapulta la squadra già oltre il decimo posto, anche se si tratta della selezione dei maggiori talenti d’Italia.

Concludo: provate a chiedere a un bambino come è andato il torneo di topolino a cui ha partecipato. Vi parlerà di tante cose, ma raramente si soffermerà sul piazzamento della squadra.

Ai tornei vanno i più bravi, non i più forti.

@minchiamedeo