Di Federica Bortolato

Mi è capitato, in occasione della partita Italia/ Nuova Zelanda dello scorso novembre, di ritrovarmi a Roma, a cena con degli ex azzurri, uomini molto famosi e donne pressochè “sconosciute”. Il clima conviviale e goliardico rallegra la serata già piacevole: ci si raccontano aneddoti e si ricordano episodi accaduti durante i raduni e le varie partite, l’argomento che ci lega è questo sport e quindi inevitabilmente tocchiamo il tasto del rugby “femminile”…

Mi rendo conto ben presto (purtroppo) che anche loro sono estremamente scettici, nei confronti del rugby praticato dalle donne: loro, che sono invece i primi dai quali ci aspetteremmo comprensione, muovono delle critiche, a volte anche logiche, sul livello di gioco femminile; secondo alcuni il rugby giocato dalle donne, non è tecnicamente bello come quello maschile, le donne non calciano, le donne non placcano, le donne non sono fisicamente dotate come gli uomini. E per inciso, non so quanti di loro abbiano mai visto una partita femminile….

L’atmosfera in un attimo si surriscalda e ognuno dei presenti difende le proprie posizioni. Non temete, rugbisti maschi: siamo concordi con voi sul fatto che è uno sport rude, non vogliamo togliervi la vostra virilità, vogliamo solo giocare a rugby, ci piace farlo tanto quanto piace a voi.

Lo slogan “entro in campo e non ho paura di niente” vale anche per noi! Sono quasi convinta del fatto che il vostro fastidio più grande sia di avere a che fare con donne che, anche nella vita, come in campo, non hanno paura di niente… Donne con meno paure delle vostre…

Passa un po’ di tempo e una mattina mi invento di scrivere un post sulla mia pagina FB, un semplice sfogo personale in cui mi rammaricavo che la FIR non avesse invitato anche le ex azzurre alla cerimonia di consegna dei CAPS.  Il post viene letto, piace e/o non piace, ma viene comunque condiviso da molti. In realtà voleva solo essere un modo per richiamare l’interesse sul mondo del rugby praticato dalle donne: un mondo poco conosciuto a cui troppo spesso non viene data la giusta importanza.

Le donne che giocano a rugby, secondo me, sono donne con una marcia in più! Non si spaventano facilmente, amano questo sport e lo praticano con tutta la passione, l’impegno e l’entusiasmo di cui sono capaci. Nella carta d’identità delle ‘azzurre” c’è scritto studentessa, impiegata, casalinga, operaia, commerciante, niente altro… Sono sportive nel cuore e nell’anima e mettono davvero nella pratica di questo sport, tutta la grande passione che solo un rugbista può capire… (o dovrebbe capire). Non sono rugbiste di professione, sono rugbiste per passione e sono attaccate alla loro maglia azzurra, tanto quanto i loro colleghi professionisti!!! La rispettano e la onorano tanto quanto loro, a volte, a parer mio, ancora di più.. Giocare in Nazionale  vuol dire riuscire a conciliare il lavoro, con gli impegni sportivi, vuol dire chiedere le ferie in base al calendario delle partite… a volte ciò comporta anche rinunciare alla convocazione…

La consegna dei Caps alle ex azzurre sarebbe stato un riconoscimento ufficiale, non tanto a me e a quelle che come me hanno vestito nel tempo i colori azzurri, sarebbe stato un modo per dire alle ragazze che giocano oggi, che il loro impegno è apprezzato e riconosciuto. Anche se riconosco che indubbiamente dai miei tempi, le cose sono molto cambiate, le squadre femminili hanno preso piede e hanno a disposizione dei bravi allenatori, nella sostanza siamo ancora un po’ troppo ai margini, nonostante i risultati siano sotto gli occhi di tutti…

Il rugby è uno sport per molti, ma non per tutti! Neanche per tutti i maschi, a parer mio…

Questo in sintesi, il mio pensiero, scusate l’impertinenza e, prometto… sull’argomento Caps, non ci torno più!

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