Di Martina De Biase

Quando si decide di inseguire un sogno, bisogna prendere atto di tutto quello che comporta, ma è ovvio che scriverlo su un foglio di carta o esternarlo non ci aiuta a prevenire le difficoltà reali che si presenteranno, perchè, ovviamente, si presenteranno. E’ difficile ritrovarsi sempre dal lato opposto alla maggioranza, quasi come se ci si trovasse sempre dal lato sbagliato o sarà che la vita è normale solo se ci sono dei punti di vista divergenti. Insomma, ritrovarsi a fare sempre l’anticonfomista del momento non è poca cosa. Per quanto inizialmente l’idea può essere “gasante”, qualche momento dopo ti fa scontrare con tutte le difficoltà che comporta nell’essere così, nell’aver deciso, più o meno cosapevolmente, che è questo il modo giusto per portare avanti un progetto, quasi come se l’essere totalmente diversi premiasse.

Così, si opera su ogni cosa che si fa con passione e prende la forma di tutto quello che faremmo e/o potremmo essere. Pensate di stare accanto alla persona amata, darle tutte le attenzioni con passione, ovviamente, ma litigare ogni tanto anche senza motivo per intenderci, ma una coppia non è sana se è felice per sempre. La persona amata in questo caso è il sogno nel cassetto. Il momento, quindi, di sconforto arriva, sembra quasi fisiologico, una tappa obbligata, anche se pensi di stare benissimo hai bisogno improvvisamente di chiederti “se tutto questo è giusto” o “perchè fare tutto questo”, ma ovviamente la risposta non arriva, ma cerchi di darla in base alle cose che concretamente fai, e quelle che poi concretamente fai, sono quelle che non vanno mai bene, almeno per gli altri. Un sogno, così, tra sgomitate e schiamazzi, prende la stessa forma che vorremmo dare alla nostra vita, in ogni suo dettaglio e, a volte, poi, ci pensi così intensamente che sembra quasi reale. E’ impensabile riuscire a prender coraggio solo se si è accanto a qualcuno, per scaricare su quel qualcuno tutto quello di cui non si è capace di fare da soli. Prima di tutto è da soli che dobbiamo stare, prendere coscienza dei nostri parametri ed imparare a conoscerli, cucendo un sogno per le nostre misure e non sulle prospettive altrui. Benchè pensi di operare in questo modo, c’è sempre qualcosa che sfugge, sempre; quella parte imprevedibile che mai riusciamo a darle forma nei nostri sogni, nelle nostre aspettative. Perchè, per esempio, tra le tante cose scegliere proprio il mondo del rugby? Il pallone da rugby è ovale e quella forma è la descrizione perfetta dell’anticonformismo (rivedersi quindi inesorabilmente in quel pallone), che non va più ad ovviare una palla, che come tale è sferica e quindi riconducibile a qualcosa di normale, di naturale, bensì va a confermare che la galassia di questa disciplina è per tutti e che tutti quelli un pò “storti di mente” sono bene accetti. Come i poeti maledetti, come degli artisti che si nascondono in una natura sola, ma che con l’eco dell’arte fanno sbocciare i fiori dove c’è solo letame. Da questo semplice appunto riesci poi a risponderti ad una serie di domande, per poi iniziare ad avere una visione più nitida delle cose, ma che, nonostante tutto ti sfugge sempre un punto. Non riesci a spiegare di come un anticonformismo così palese non riesca ad esplodere in quelli che lo toccano con mano ogni giorno, che lottano per fare in modo che questa isola felice resti tale; e poi comprendi “stranamente”, attraverso la mescolanza di una serie di fatti concreti ed astatti, di come l’anticonformismo ha una parte di contraddizione che riporta a qualcosa che non lo è affatto, al conformismo, appunto. Non ci capisci niente e farfugli un “bah”, restando nei dubbi profondi, lasciando che inconsciamente la paura invada le tue speranze. A volte, forse, sarebbe meglio non pensare. Comunque sia, il mio sogno prende forma ed i momenti “NO” sono quelli che vanno ad operare sulle zone curve del pallone, quasi come se fossero necessari per darne una forma strana, una forma ovale. Ho deciso, quindi, con consapevolezza massima, quale dovesse essere la forma del mio pallone ed il colore. Ogni anno che passa costruisco ed ottengo, grazie alle partite vinte(della vita), una parte di questo pallone che è solo all’inizio, probabilmente un quadratino. Il pallone che voglio è ovale, come il mio sogno e, come tale, non lo voglio di nessun colore, mi piacerebbe che figurasse delle pagine come quelle di un diario con tutte le parole che hanno composto questa scalata, stampate come un marchio da portare con me e per ricordare. Desidererei, attraverso questo sogno, poter toccare tutti quei credo che aleggiano nel nome del rugby, che lo rendono così etereo, paradisiaco e lontano da noi quanto Dio; ed il solo modo che ho per poter avvicinare il reale all’impossibile, è sognare, fare di questa realtà qualcosa che vorrei poter vedere e mostrare agli altri, di un qualcosa che non può essere descritto ancora. Quel modo è toccare il mio sogno, il SognOvale. Che Dio possa darmi l’ovale per giocare la mia partita.

 

Se è vero che Cartesio dice “Cogito ergo sum”(penso dunque esisto), allora è vero anche che “Ego somniare, ergo esse, ergo sunt etiam somnia” (sogno, quindi esisto, dunque anche i sogni esistono).

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