Di Martina De Biase

Articolo pubblicato sul periodico L’Ambasciatore.

Non so se a voi sia mai capitato di trovarvi su un campo da rugby. A me si, proprio un anno fa e poco più. Io vengo da altre realtà sportive, dove prevalevano valori simili a quelli rugbistici – rispetto, lealtà, rigore ed altri ancora – ma la mentalità era diversa, ero sola contro tutti, gli errori che avrei commesso poggiavano tutti su di me. Mi ritrovai per caso su quel campo e spero che nessuno vi costringa ad andarci perché credo che tutto debba venire con spontaneità, ed io accettai di buon grado l’invito perché non sapevo nemmeno cosa fosse. Io amo lo sport, tutto, e quando vidi quel campo avevo la sensazione di trovarmi in un altro posto, che non era Napoli, che non era casa mia, ma comunque sia una bella sensazione. Ricordo il silenzio che riecheggiava in questo enorme spazio aperto, di gente silenziosa che si apprestava a scendere in campo, seria, decisa. Mi guardavo intorno, osservavo ogni minimo particolare: dal campo, ai ragazzi e alla gente sugli spalti. Un posto cristallizzato nel tempo. In quel preciso istante istintivamente pensai: “Questa è casa mia!”. Era come aver ritrovato un oggetto smarrito, convincendo me stessa, fino a qualche istante prima, di non averlo mai avuto e che non fosse mai esistito, ed invece c’è, esiste. Iniziò la partita, fu una cosa stupenda, la grinta, la passione, quel tifo sugli spalti così divertente, così pulito. Vedere ragazzi rotolarsi nel fango e tra calci e pugni, rialzarsi sempre con la medesima forza, come se tutto fosse normale, come se tutto facesse parte del gioco. In qualche situazione ho avuto paura, la paura che si facessero male ed a tratti sembrava quasi assurdo che disputassero una partita con tanta veemenza, una partita che non era nemmeno importante e non ne vedevo il senso di farsi così male. Quest’ultima cosa la capii qualche tempo dopo. Ma la cosa che sicuramente mi divertì di più e che mi meravigliò tanto fu il loro fatidico “ Terzo Tempo”. Che divertimento! E fin qua poco da meravigliarsi, ma quando vidi la scena di due avversari scambiarsi i piatti del pranzo – poiché nel terzo tempo si mangia tutti insieme-  è stata una cosa bellissima, senza serbare rancore, la battaglia e tutto il resto finiva li, nel rettangolo di gioco. Chiunque di voi, sia cresciuto con questi valori e principi, basta veramente poco innamorasi di una realtà così bella, che anch’essa, come tutte le cose, ha dei retroscena oscuri, ma la moneta avrà sempre due facce e questo non possiamo cambiarlo, ma forse è anche giusto così perché si comprende meglio il senso delle cose. Questa mia descrizione riguardo ad una cosa che ho vissuto, non vuole essere un modo per dirvi che ci sono sport migliori degli altri, siamo sempre noi che diamo una faccia a ciò che facciamo, ma se nel cuore di ognuno di voi c’è amore per lo sport perché pensiate che sia un momento di ricongiunzione e di sana partecipazione, allora dovete renderlo tale. Assistete ogni sport che volete seguire, quello che più vi piace, quello che esprime voi stessi, rispettando gli interessi altrui, senza mai renderlo una specchio pieno di cose malsane della società. Staccate la spina la domenica e sorridete e con sportività gioite, anche delle vittorie altrui, la ruota girerà e l’amarezza per la sconfitta subita non avrà più fondamenta. Ho ancora molto da imparare da questo sport, sono come una bambina di un anno che ha da poco fatto i primi passi, non so ancora come mangiare il fango e come ricevere un pallone ovale, ma tutto quello che so, quel poco che so che ho scritto poc’anzi e che probabilmente già era insito in me, è solo grazie al rugby, è grazie al rugby che è venuto fuori. Non vi chiedo di amarlo, il rugby, né di seguire i suoi campionati e né di odiarlo, ma se una domenica non aveste nulla da fare, a Pomigliano al campo “ G. Leone “ dalle 10 del mattino fino in prima serata si disputano partite di rugby. Se si investe qualche ora della propria vita per vedere qualche cosa che non avete mai, non è mai tempo perso.