La buttiamo giù subito: il 31 a 15 con cui i Pumas argentini hanno battuto l’Italia a Firenze è un risultato eccessivo. Non bugiardo, i biancocelesti hanno meritato di espugnare il “Franchi”. Eccessivo sì, però, con gli azzurri che hanno pagato a caro prezzo alcune mancanze di lucidità nell’ultimo quarto di partita. Certo, tutti d’accordo sul dire che se le partite durassero 60 minuti saremmo campioni del mondo, ma Parisse e compagni hanno qualche buon motivo per guardare con ottimismo i prossimi impegni, leggi Springboks e Sei Nazioni. In primis la mischia chiusa, per un tempo padrona assoluta della scena, con Ferrari e Lovotti a mettere più volte in serio imbarazzo i diretti avversari e a conquistare calci piazzati. Hourcade, ct argentino, ha messo a posto le cose con i cambi sia in prima linea che in touche, altro punto dolente argentino del primo tempo. Menzione di merito a Budd, molto efficace nel leggere le touche avversarie, almeno fino all’entrata di Guido Petti, salvifica per i rifornimenti argentini. Ottima prestazione di Tommaso Castello come a Catania, ma se contro le Fiji a colpire era stata la sua performance difensiva, contro i Pumas il numero 12 azzurro ha dato il meglio di sé in attacco: due buchi devastanti, uno per tempo, hanno messo in difficoltà la difesa argentina. Non male la mediana, anche se il match di oggi ci ha rivelato che se un tempo si cercava disperatamente un mediano di apertura di livello, ora è tempo di dire che a numero 9 non siamo messi benissimo: Violi è un ottimo giocatore, sia ben chiaro, ma né Gori sabato scorso, né Tebaldi oggi sono sembrati in grado di garantire lo stesso livello. Tebaldi, oggi, in alcuni frangenti ha rallentato il ritmo, costringendoci in una occasione (forse quella decisiva) al tenuto. Molto bene, poi , i giovani: Minozzi appena entrato ha provato a dare gas ad una linea di trequarti più in bolla rispetto ad altre uscite, ma ancora decisivamente asfittica quando arriva il momento di fare la differenza in attacco, mentre Licata con due o tre placcaggi ha dato l’esempio in un momento per noi difficile.

E allora, direte, perché si è perso? Mettiamola così, gli argentini hanno in faretra un cambio di passo e di ritmo che noi non abbiamo. E che di sicuro non si acquista dall’oggi al domani. I Pumas sono stati descritti come una squadra in crisi di risultati, ma chi non lo sarebbe se in un anno avesse affrontato tre volte l’Inghilterra e due volte ciascuna All Blacks, Australia e Sudafrica?

Ecco, oggi abbiamo scoperto che non siamo diventati fenomeni in una settimana.

Per l’ennesima volta, direte.

Ma non siamo nemmeno diventati dei brocchi.

Siamo una squadra al tredicesimo posto del ranking mondiale con, forse per una volta tanto, un progetto in testa e tanta voglia di sporcarsi le mani coi propri difetti, una squadra che andrà valutata più avanti, alla fine del suo percorso di crescita.

Fra sette giorni a Padova arriveranno gli Springboks, squadra convalescente dopo un annus horribilis, più forti di noi ma non ancora l’imbattibile squadrone di qualche anno fa. Perdere non sarebbe uno scandalo, diciamolo chiaramente. Ma, dati alla mano, gli azzurri hanno la possibilità di rompere allegramente le scatole ai propri avversari, soprattutto in prima linea. Non sono i favoriti obbligatori, la ributtiamo giù subito:0 non vorremmo essere qui, fra sette giorni, a parlare ancora di risultati deludenti e di tabellini eccessivi.