Di Martina De Biase

Cari Lettori, come state? Io, bene, ma potrei stare meglio. Meglio? Perché meglio? Starete pensando. Perché i conti non tornano e se non tornano è ovvio che le cose non quadrano. Il presidente della FIR è stato eletto e da quel giorno cala il sipario. Silenzio assoluto, sembra che tutto vada bene, se è così, ci fa piacere, ma chissà, va talmente tanto bene che se si trovano un paio di articoli al giorno che ne parlano è anche tanto …
Si avverte un senso di “bemollità” nel fare le cose, come se la gente si stancasse di controbattere, perché poi in fondo “chi se ne frega!” Ovviamente tutto il mio rispetto e stima vanno a quelle persone che lottano ogni giorno, ma saranno talmente sole che il loro dissenso non è percepibile a orecchio nudo.
Allora che si fa? Si va in loro “sostegno”, almeno così ci insegna il rugby, ma è anche vero che non sono la maggioranza, quindi va avanti un rugby fatto di numeri, di agganci, ma lasciate che vi dica che fare le cose con il cuore è altra cosa. Illusa, già, sono illusa a voler credere che possa bastare solo questo per fare grande uno sport, ma se questa è una piccola cosa e non funziona, come si può pretendere di fare le cose in grande e pretendere che queste riescano?! Per fortuna (!) che burocraticamente con i numeri ci siamo, facciamo la nostra bella figura. Ultimamente, ho avuto modo di confrontarmi con un po’ di persone vicine a questo sport, ma tutto si percepisce, tranne che il trasporto incondizionato verso il movimento rugbistico nostrano attuale. Ho avuto modo di intervistare Jacques Brunel una settimana fa, pronto per incontrare i colossi del rugby internazionale, eppure ho avuto la sensazione che l’Italrugby ancora non abbia trovato il “Quid”, il suo segno distintivo, quello che nessuno può imitare, né copiare. Abbiamo ancora un tricolore che sa di francese, inglese e chi più ne ha più ne metta, ma che di certo non sa made in Italy 100%. Mi sono tenuta fuori dalle beghe elettorali, quindi nel dare il mio parere, perché sinceramente quando si parla di numeri ed esclusivamente di quello, non sono molto brava – mi dilungherei troppo e uscirei fuori dagli schemi, ma questo non esclude che a tempo debito possa esprimere la mia opinione – e sono discreta nel mio lavoro, ma credo però di sapere che quando le cose quadrano, l’aria dovrebbe essere diversa, ma è presto e mi concedo il beneficio del dubbio. Questa rubrica, dove scrivo ciò che penso, si chiama “OvalMente” per un motivo bene preciso. Oltre al gioco di parole e di significato che cambia rispetto alla posizione delle parole, questa rubrica ha un motivo d’esistere, un motivo molto semplice e percepibile a tutti: Riflettere! Qui non si vogliono fare grandi giocate di parole perché a nessuno importa se hai preso un termine sofisticato dalla Treccani, quello che dobbiamo fare o chiederci è una cosa semplice perchè le cose semplici sono quelle che funzionano meglio sia nel concreto che nell’astratto. Detto ciò, vi chiedo: Vi piace il rugby attuale? Vi piace il rugby in Italia? Si/no,perchè? Perché siamo così indietro – senza tener conto che nel 5 Nazioni siamo entrati in largo ritardo- rispetto alla situazione internazionale? Perché tutti pensano al proprio orticello invece d’essere equi e pensare anche a quello di tutti quelli che crescono in questo sport, oltre che al proprio? Il problema è che io non amo l’indifferenza, il silenzio insensato e improduttivo, il non prendere posizioni perché si ha paura o perché fa comodo o perché ci si nasconde dietro al proprio ruolo di super partes . Vorrei vedere la gente la mattina svegliarsi con il pensiero, lo stesso che muove me ogni santo giorno, di fare grandi cose, di gioire e di lavorare tutti insieme e magari di competere lealmente perché l’individualismo esiste, ma quando accenno a queste parole mi viene detto che sono giovane . Ditemi che il rugby non è un’ illusione perché io ci credo, anche se dal basso dove sono non posso far nulla, sogno di poter aiutare in un futuro non lontano questa realtà in modo più concreto. Il rugby siamo noi e se il rugby è un’illusione, vi rendo noto che ci stiamo prendendo tutti in giro. Riflettete.