“Tornare senza il punto di bonus equivale a perdere”. Non la tirano tanto per le lunghe, i giornali francesi. Non hanno tutti i torti da quelle parti, pur non potendo proprio fare a meno di spruzzare sulle loro parole una mastodontica dose di grandeur. No, se si parla di rugby e di risultati, hanno ragione loro. Soprattutto se a valicare le Alpi è la loro formazione più forte, fresca di scudo di Brenno e ricca di giocatori di altissimo livello. Il Perpignan è decisamente uno scoglio duro. Hanno battuto il Clermont per 19 a 6, nel nuovo campionato stanno lottando ancora per le posizioni di vertice. Ai catalani brucia ancora tantissimo l’uscita dai gironi di Heineken Cup della stagione passata, a soli due punti dagli Ospreys. Troppi punti buttati in vittorie senza bonus, uno di questi nella prima giornata, quando all’Aimé Giral si erano presentati i Leoni della Benetton Treviso. Tre mete, solo tre mete. Per carità, la vittoria arrivò lo stesso dopo un primo tempo problematico, ma lì cominciarono a svanire i quarti di finale. Il sogno si infranse all’ultima giornata, con gli Ospreys vittoriosi a sorpresa sui Leicester Tigers e i sang et or a fare a polpette i Leoni in quel di Monigo. Quarantotto punti di disperazione, lacrime e sangue, sangue senza oro. Ecco perché i francesi hanno ragione nell’essere ottimisti, sanno che una gita a Treviso può valere altri cinque punti. Deve valere altri cinque punti, visto che Munster e Northampton, altre rivali del girone, non sono propriamente farina adatta per confezionare ostie.

Momento però, perché se è vero che Perpignan arriva a Treviso con tutti i crismi della squadra favorita, è vero anche che i padroni di casa non è che siano rimasti molto a guardare durante l’estate. Ecco, hanno rischiato di stare a guardare, perché l’estate del 2009 è di fatto il più grande spartiacque nella storia del rugby italiano. Se la gioca con Grenoble, solo che stavolta i campi sono deserti e, almeno per Treviso, la faccenda aveva preso una piega parecchio brutta. A luglio si decide, sulla base di un bando federale, quali possano essere le due realtà in grado di entrare dal 2010 in Celtic League. Si presentano in quattro, Treviso sembra essere, per blasone e curriculum, la larga favorita per l’ingresso nel board. A seguire Aironi, più indietro Duchi (zona di Calvisano) e Praetorians (Roma, ma di fatto anche il Sud). Al conteggio dei voti, però, passano Aironi e Praetorians, con Treviso clamorosamente al palo. Fuori. Ad ottobre però due commissioni si mettono a controllare gli effettivi progetti celtici, perché sembra che qualcosa non stia andando per il meglio. Pure il board celtico vorrebbe vedere i dossier. Ne esce che la proposta romana alla voce “finanze” presenti mancanze tali da non permettere l’ingresso nell’Europa ovale che conta. La Benetton, ripescata e con tutte le carte in regola, ringrazia. Anche perché, prima e dopo luglio, ha messo insieme una squadra che è molto più forte di quella vista nella stagione precedente. Con il ridimensionamento di Calvisano in Veneto arrivano Luke McLean, Alessandro Zanni, Leonardo Ghiraldini, Lorenzo Cittadini e Gonzalo Garcia, tutti nazionali italiani. La spesa non finisce qui, perché dal Petrarca arriva Michele Rizzo e dalla Capitolina Sebastian Vermaak, terza linea sudafricana. È di fatto l’ossatura della franchigia che debutterà contro gli Scarlets di lì a meno di un anno. E se già di base, senza acquisti, la squadra sarebbe fortissima, con un mercato così diventa praticamente illegale. In Italia, se si esclude Viadana (che a sua volta sta costruendo per la Celtic), non c’è storia.

In Europa però, fino a prova contraria, è durissima.

Troppa, la differenza con le altre squadre. Ogni tanto ci scappa il colpo (la vittoria contro Bath nel 2004, il colpo di Newport del 2007), per il resto sono batoste, come quando i London Wasps vengono a saccheggiare il Veneto e se ne vanno con un 71 a 5 quantomeno terminale. E Perpignan non ha nessuna voglia di essere da meno. I catalani schierano una squadra fortissima, c’è Jerome Porical estremo, figlio e nipote di giocatori che con la stessa maglia hanno vinto tutto quel che si poteva vincere. Fortissimo, una facilità di corsa quasi irridente, un piede con mirino di serie. Certo, a livello mentale non è un fenomeno, qualche pausa ogni tanto se la prende, ma uno così se trova due metri è letale. Ci sono Nicolas Mas e Guilhem Guirado in prima linea, Chouly e Henry Tuilagi in terza, Maxime Mermoz a primo centro. Più di qualcuno di loro se ne va in tribuna di fianco ad un coach che, baffo in resta, di lì a qualche anno impareremo a conoscere. Piove su tutto il Nord Italia, piove su Treviso. Qualcuno vorrebbe tirar fuori dal taschino l’obiettivo, vergato nero su bianco, della dirigenza trevigiana. Due vittorie in Heineken. Figuriamoci.

Eh, però piove.

Al netto della corazzata Munster i match cerchiati in rosso si restringono. Northampton, come tutte le inglesi,  sulla carta in trasferta non rende come tra le mura amiche. E quella è una.

L’altra, sempre considerando Monigo il fortino di riferimento, non può che essere contro i sang et or.

Smith, e/o chi per lui, quella pioggia deve averla chiamata da un po’ di giorni. Lascia fuori infatti Brendan Williams, folletto australiano in grado di squarciare difese ed eludere placcaggi come nessun altro in squadra riesce a fare. Al suo posto mette McLean, molto più pesante. Ai centri ci sono Garcia e Sgarbi, alle ali Mulieri e Vilk. Cavalleria?

No, cingoli ben oliati.

Eh, ma così troppo forti in campo aperto, i francesi.

Sì, ma chi ha detto che si vuole giocare in campo aperto?

La tattica, sin dai primi minuti, è chiarissima: difesa stretta e metà campo difensiva venduta al miglior offerente. Due obici al piede come Goosen e McLean per far ripartire idealmente i francesi – Porical su tutti –  da Perpignan o giù di lì. Al resto ci pensano la pioggia, che lava tutto e fa scivolare dalle mani francesi possessi su possessi, e a sorpresa pure i sang et or, che ce la mettono proprio tutta per flagellarsi. Sin dalle prime fasi, infatti, cercano di fare la voce grossa nei raggruppamenti e in mischia. Poi, a difesa avversaria cotta a fuoco lento, si possono pure allargare le maglie e portare a casa punti pesanti. Non è una tattica di per sé sbagliata, ma per giocare così, oltre ad avere gente che svernicia gli avversari sul lanciato e che con la testa è già due o tre azioni avanti, devi avere pure delle fasi statiche superiori. Devi prenderti i centimetri, prima dei metri. I francesi sono nettamente superiori dietro, hanno cavalli che neanche ci sogniamo. Nessuno di loro però, Brunel in testa, ha mai calcolato il vero valore dei primi otto uomini di casa. Perché Treviso sfodera una prova stratosferica in chiusa, con Ghiraldini e Rizzo che prendono e arano in mischia chiusa gente come Mas e Guirado prima e  Tincu, che è un signor pilone romeno, poi. Da lì non si passa, e nemmeno in difesa: Zanni, Vermaak, Garcia e gli altri rispolverano letteralmente il Piave, non lasciano respirare la mediana francese neppure per un attimo. Ma non finisce qui, perché le battaglie aeree sono tutte vinte con una scioltezza che non era immaginabile alla vigilia. Viene spontaneo tirare giù il cappello al passaggio di quel tale numero 5, caschetto chiaro a renderlo poco riconoscibile. Viene da Nelspruit, Sudafrica, ma dal 2007 è a Treviso ad insegnare ai suoi l’antica arte della touche, oltre che a fare da propulsore di una mischia che indietreggerà ben poche volte fino al 2015. Si chiama Casparus Cornelius Van Zyl, lo chiamano tutti Corniel e va bene così, le falangi ringraziano, Treviso tutta ancor di più. Non è solo questione di touche, di blocchi o di studio delle mosse avversarie, nei raggruppamenti lo si vede di solito dettare ritmi e canali da colpire. Ne sbaglia pochi, molto pochi, e lo seguono in tanti. I pochi palloni in grado di uscire al largo, quelli potenzialmente letali, cadono.

Dentro e fuori dal campo.

La pioggia è democratica, con l’ombrello in mano gli arabeschi vengono così così.

Treviso va avanti con due calci di Goosen, che ha 35 anni ed ha annunciato il ritiro a fine stagione, ma uno così lo vorresti portare a clonare domani mattina, perché una sostanza e una classe del genere alle nostre latitudini sono passate ben poche volte. Sei a zero a fine primo tempo, con Perpignan caduto completamente nella trappola trevigiana e incapace di segnare un solo punto. Nemmeno un calcio piazzato dalla distanza, nulla. Non riesce ad allargare, se va nello stretto non trova spazi, Cazenave e Laharrague, nei pochi possessi puliti, si trovano di fronte a stretto giro di posta gente come Zanni, Garcia, Goosen che di fatto in difesa è una terza linea aggiunta, Van Zyl. Si respira di più all’ultimo campo base prima del K2. Altro che quattro mete e punto di bonus, qui bisogna portare a casa la pelle. Brunel, che ai tempi di Laporte seguiva gli avanti francesi, non deve essere di gran compagnia, lassù in tribuna. E però cambia Guirado e Chobet dopo 10 minuti. Guadagna subito un piazzato che Porical trasforma, ma da lì in poi Treviso, con Allori, Di Santo e Vidal, ricomincia a macinare. Non si detta più legge come nel primo tempo, ma di là non si passa. Goosen centra i pali ancora, poi manca un piazzato da metà campo con un coefficiente di difficoltà pauroso, roba che se va a segno viene giù tutto, a cominciare dai quasi tremila spettatori. Vista tutta l’acqua, capace che gli diano pure la medaglia olimpica dalla piattaforma. Se decidi di prendere calcio del genere, però, significa anche che i tuoi hanno bisogno di rifiatare.  Di due minuti di aria e di mani sui fianchi, che non andrebbe mai bene mettere le mani lì, ma chi se ne frega. Perpignan è Perpignan, a venti minuti dal termine è una squadra spaventata a morte, scesa in Italia con l’intento di raccogliere 5 punti discretamente facili e inciampata nei suoi stessi errori. Non sono morti però i francesi, hanno lividi ovunque e la faccia di chi quel burrone lo sta vedendo parecchio da vicino, ma sanno benissimo che un 9 a 3 dopo tutte quelle botte prese può aprire le porte al migliore dei finali. Hanno visto pure loro che i Leoni sono stanchi, che non possono reggere ancora per molto quei ritmi. Cominciano ad accelerare, non ancora alla disperata, ma guadagnano metri. Non è facile tenere il passo ora, una meta subita in questi casi significherebbe far saltare tutto in pochi minuti, col morale che punta alla riserva molto più delle energie fisiche. Sarebbe tanto bello, però, e neanche sotto sotto, zittire le polemiche estive e dimostrare che il palcoscenico europeo lo si può tenere più che discretamente. Certo, quel che si è visto per un’ora è stato meraviglioso, ma vuoi mettere vincerla, una partita del genere? Zanni forse se lo chiede, e forse proprio per questo strappa una touche capitale nell’economia del match, con tanto di pubblico che si infiamma e sospinge ancora un po’ i suoi su per il pendio. La stanchezza è tanta, i polmoni sono intossicati dalla fatica, i riposizionamenti non sono più quelli del primo tempo. Ne approfitta Porical, che a 8 dal termine fa partire un contrattacco dai suoi 22. Punta la destra, scambia con altri due suoi compagni. La difesa trevigiana è trafitta, tampona quanto può, ma è in ritardo di una battuta e permette all’estremo di segnare in bandierina. Monigo si zittisce, è bastata una fiammata. Parte invece il coro dei catalani, scesi con quattro pullman e qualche striscione, dati per dispersi per 72 minuti. La trasformazione non è facile, Porical studia il vento. Laterale, l’ovale sarà irrimediabilmente deviato verso destra da Eolo e compagni. Il calcio infatti è tutto a sinistra, ma vuoi la stanchezza, vuoi l’importanza del momento, sta di fatto che all’estremo viene il braccino. Il calcio non è potente e ben presto si arrende a vento e intemperie varie, lasciando Treviso avanti di uno. Monigo diventa una bolgia, tra francesi che ci credono e locali che ci credono ancora di più. I presenti possono ricordarsi, ora o in qualsiasi momento glielo chiediate, fase per fase, passaggio per passaggio, infarto mancato per infarto mancato. I placcaggi di Zanni, che sei stanco per lui eppure erige ancora barricate. Il boato del pubblico per Corniel, nominato Man of the Match, che un po’ ti incazzi pure perché li eleggeresti tutti insieme, in blocco. I francesi che allargano tutto, questa volta sì alla disperata, ma che ancora non riescono a non commettere errori. E poi un fischio, quello di Dave Pearson, quello della vittoria. Sul campo e pure a suon di carte bollate. Il primo lo sentono tutti, gli altri sono inesorabilmente coperti dalle urla, dagli abbracci, dai catalani a terra con l’umore e con le membra. A sapere di dover rincorrere già dall’inizio un girone già difficile di suo. Si incontreranno di nuovo le due squadre, da deluse, nell’ultima giornata: gli uomini di Brunel, già eliminati, segneranno 5 mete. Treviso, che si è tolta la soddisfazione di condurre a Thomond Park, casa di Munster, e a Northampton, andrà solamente vicina a bissare il successo del debutto. Succederà proprio contro gli inglesi a Treviso.

È il preludio di quello che verrà, di giornate europee, di rose sempre più competitive e di francesi (ma non solo) ben inquadrati da Paolo Conte. E di quello che, nonostante al ritorno da una giornata di pioggia i vestiti siano zuppi e si abbia solamente voglia di una doccia e di una coperta, si vorrebbe succedesse ancora. Sia che splenda il sole, sia che dal cielo di Monigo cada giù di tutto, dalla grandeur preventiva allo scudo di Brenno. Passando per il punto di bonus, che in fin dei conti i francesi hanno portato a casa. L’hanno nascosto in uno dei quattro autobus, si dice non l’abbiano mai più spostato di lì.