Una festa del papà diversa, quella che sto vivendo. Forse più intensa delle altre. Più e basta. Sono bloccato in casa, assieme ai miei figli e, giorno dopo giorno, gioco dopo gioco, casetta dopo casetta, libro dopo libro, percepisco ogni giorno di più che la mia vita senza di loro non avrebbe davvero senso. Capisco tante sensazioni che mio padre riassumeva così, nella mia gioventù: “capirai anche tu vecchio mio. A suo tempo capiterà anche a te”. Così inevitabilmente penso al mio di papà e a tutti i sacrifici che ha fatto per me e altrettanto inevitabilmente non posso che non pensare al rugby. Così mi soffermo su tutte quelle presenze costanti che ho avuto il piacere di incrociare durante la mia vita da giocatore, fuori dal campo. Perchè i talenti si esprimono giocando, ma senza il supporto dei tanti genitori, padri e madri (mi perdonino le mamme sia chiaro, ma essendo oggi la festa del papà questo articolo è dedicato a loro) che supportano e sopportano, il numero degli sportivi sarebbe sicuramente mooooolto inferiore alla realtà. Così ecco una serie di papà che calcano i campi da rugby.

IL PAPA’ APPASSIONATO

Questa figura pur di stare vicino al figlio fa qualsiasi cosa. Dal cucinare al terzo tempo, al servire ai tavoli, al giudice di campo, all’accompagnatore improvvisato. Tutto. Di rugby giocato non ne capisce, ma pur di incentivare la passione del figlio farebbe qualsiasi cosa.

L’ACCOMPAGNATORE

Figura seria, precisa, puntuale. Svolge il suo ruolo di coordinatore. Accompagna più ragazzi all’allenamento e alle partite. Sale in corriera e partecipa a tutto quello che è il momento organizzativo, il contorno. Osserva il figlio giocare sempre con orgoglio e silenzio.

IL MOTIVATORE

Passione e amore per il rugby sono i capisaldi della sua vita. Ha, normalmente, conosciuto il rugby in tarda età, ma sostiene di averci giocato in gioventù. Supporta il figlio ad ogni passo ovale. Piange nelle sconfitte, festeggia (anche troppo) nelle vittorie. Vive in modo quasi morboso il rapporto con il figlio, consigliandolo (di rugby non ne capisce) ad ogni passo. Normalmente ignorato dal figlio che, almeno apertamente sbuffa, ma in realtà non potrebbe nemmeno allenarsi senza un suo “malandato” consiglio ovale.

L’IPERCRITICO

Forse sono i padri più difficili da gestire. Nulla va mai bene rispetto alla squadra/società/guida tecnica. Il proprio pargolo, invece, è perfetto. Non lo fa con cattiveria, ma essendo lui, di norma, un manager d’azienda è abituato a lavorare in un certo contesto e non riesce a scindere le due cose.

Il PAPA’ DEL TERZO TEMPO

Questo di rugby ne capisce ben poco. Accompagna il figlio, ma è più interessato all’aspetto enogastronomico del rugby. Una birra con amici, vale più di mille vittorie sul campo. Il figlio rimane prioritario, ma in un contesto di allegra e spensierata condivisione. Ah, di norma il figlio è un atleta completo, tra i più forti della squadra.

IL CUOCO

Papà sempre vicino e di supporto al figlio. Partecipa alla vita sportiva del pargolo in maniera precisa e mirata. Durante le gare in casa prepara manicaretti per tutta la squadra, nelle trasferte porta salami/prosciutti/pane fatto in casa/dolci fatti in casa al fine di nutrire e garantire il giusto consumo di prodotti genuini a tutti.

L’ALLENATORE

In assoluto il più difficile da gestire. Non ha mai giocato a rugby, ma sostiene di conoscerlo meglio di tutti. Partecipa a corsi d’aggiornamento come uditore e sprona suo il figlio allo sfinimento. Questo gioca per divertimento e, ultimate le scuole superiori, di norma diventa un medico o un luminare della scienza, abbandonando così i sogni di gloria sportiva del padre.

IL SILENZIOSO

Accompagna, sorride, piange, sprona, sempre mantenendo un distacco formale. In anni di rugby, spesso, gli altri genitori sostengono di non averlo mai sentito parlare.

E POI C’è MIO PADRE

Mio padre è quella persona che non conosceva il rugby e amava il calcio. Quello che prendeva permessi al lavoro per portarmi alle selezioni. Quello che senza il suo supporto non avrei mai fatto nulla nel mondo del rugby. Quello che mi aspettava fuori dagli spogliatoi per darmi il suo parere sulla gara, l’unico che ho sempre ascoltato. Quello che ad ogni infortunio mi spronava a rialzarmi. Quello che nelle sconfitte piangeva con me e nelle vittoria mi spronava a “volare basso”. Quello che alle mie prime volte ovali c’è sempre stato. Quello che si emozionava ad ogni mia meta. Quello che mi massaggiava le gambe la domenica sera. Quello che ha amato uno sport non suo, pur di starmi vicino. Insomma papà è quella persona a cui vorrei assomigliare e da cui provo a prendere ispirazione ora che sto vivendo l’avventura più bella della mia vita, quella di essere anche io diventato genitore.

Auguri a tutti i papà.