Di Lorenzo Cirri

In questi giorni si fa un gran parlare delle vittorie azzurre nel Sei Nazioni femminile. L’impresa di Rovato e la vittoria di Dundee sono sicuramente il lato più bello del panorama ovale azzurro in quest’inizio di torneo. Più o meno tutto è già stato detto sull’importanza di queste vittorie e sul decisivo match che attende le azzurre a Benevento, dove le nostre ragazze si giocheranno, contro il Galles, l’accesso diretto alla Rugby World Cup di Parigi nel 2014.
L’Italia ha stravolto tutti i pronostici, meno un mese fa i principali siti di rugby che si occupano delle ragazze indicavano senza tema di essere smentiti, Italia e Scozia come le sicure partecipanti al torneo di qualificazione che si terrà a fine aprile a Madrid. Adesso il sito della Federazione gallese parla di “crunch against Italy, a do or die game in Benevento”.
Non sono facile alle sbornie da vittoria, seguo le ragazze da molti anni ormai e le ho viste crescere piano piano senza mai perdersi d’animo quando i risultati non arrivavano. Ricordo le facce tristi dopo un 76 – 0 con l’Inghilterra, ma ricordo anche la prima vittoria a Mira, un 31 – 10 contro la Scozia che ha fatto capire a chi ci stava di fronte che quello era anche il nostro posto ed il nostro torneo. Quanta strada da allora. Da Biella (storico esordio delle azzurre nel 2007 contro la Francia) a Dundee tante cose sono cambiate, tante donne sono cresciute, finalmente con un pallone ovale in mano. Tra la passione degli addetti che lavorano spesso in condizioni difficili, il disinteresse dei media e qualche volta anche della Federazione le ragazze sono rimaste li, con i loro sogni e le loro ambizioni. Un passo alla volta, verso un traguardo che non abbiamo ancora centrato: il mondiale del 2014 per tornare tra le 12 squadre più importanti del mondo… E poi chissà.
Su una cosa però in pochissimi si sono soffermati, una domanda fondamentale secondo me: “da dove arrivano queste vittorie?”
La forza delle azzurre non sta solo in bel gruppo coeso di una trentina di ragazze che mettono anima e corpo sul campo tra mille sacrifici, c’è di più, molto di più. Alle spalle di questa squadra c’è un movimento che si sta consolidando anno dopo anno. Tanto per farvi un esempio siamo passati dalle 24 squadre di Coppa Italia del 2005 alle quasi 60 di oggi. Solo cinque anni fa era impensabile che il rugby rosa attecchisse al di fuori dagli orticelli tradizionali del rugby ed invece oggi, tanto per fare un esempio, abbiamo ben tre squadre di Coppa Italia in Calabria. Si muovono il Trentino e la Puglia, mentre la Lombardia ha conosciuto negli ultimi due anni un vero e proprio boom con ben 12 squadre iscritte alla Coppa Italia. Sicuramente c’è ancora molto da fare: strutturare meglio il campionato di serie A, investire sul 7s e sulle categorie minori, ma la strada intrapresa è sicuramente quella giusta.
Abbiamo superato il numero delle tesserate di Galles e Scozia e ci stiamo rapidamente avvicinando ad una delle superpotenze europee del rugby femminile: l’Irlanda.
Il merito di questa crescita va senz’altro attribuito a tanti fattori diversi: una nazionale vincente, che è davvero un ottimo traino, un allenatore come Andrea Di Giandomenico che ha saputo in pochi anni costruire un gioco azzurro, non copiato o adattato da altri, semplicemente quello che le ragazze fanno è il gioco dell’Italia, credetemi non è davvero una cosa da poco. Molto dobbiamo anche al grande impegno di Maria Cristina Tonna, da sempre caparbia portavoce del rugby femminile in Italia, ma anche alla determinazione delle azzurre del passato, come Federica Bortolato o Silvia Lolli, Licia Stefan o Erika Morri o tanti altri nomi sconosciuti ai più, ma senza i quali non saremmo mai arrivati a Rovato o Dundee. Come una bella pianta le nostre ragazze stanno mettendo radici, da Roma a tutti i più sconosciuti campi d’Italia, che si vinca o si perda a Benevento, rimane questa la pìù grande vittoria delle nostre ragazze.

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