Un articolo di Massimiliano Morelli, su notizie.tiscali.it, che mi ha colpito:

L’Italrugby che lascia il cerino acceso in mano alla Scozia regala sorrisi non tanto per il successo, comunque misero, ma per l’atmosfera vissuta prima, durante e dopo la sfida dell’Olimpico affollato da 73mila appassionati. Roma ha bisogno di uno sprint utile per riconciliarsi con sé stessa un mese dopo il divieto governativo per l’organizzazione dei Giochi in programma fra otto anni: non deve rifarsi il look, deve più semplicemente sgomberare il campo dalle macerie di eventi economicamente dannosi del recente passato e ripartire con maggiore spirito associativo. Soprattutto, deve ricominciare puntando all’evento e non solo sul business. Certo, appare come un ragionamento in controtendenza rispetto alla crisi, ma resta utile per ridare dignità a uno sport globalizzato nella maniera sbagliata: vittima delle tv e degli interessi di chi lega a una manifestazione sportiva il suo nome.
Il motociclismo è scomparso dai palinsesti di mamma Rai, così come il rugby e il tennis. La Formula 1 è dimenticata su altri schermi. Non è reato scriverlo, è una constatazione di fatto, l’esclusiva e i diritti televisivi hanno annientato alcune discipline e ne hanno mercificate altre. Ibrahimovic che manda a quel paese una giornalista non può essere replicato all’infinito, Maradona paladino contro il Fisco non meriterebbe più d’un trafiletto a pagina 12 d’un quotidiano sportivo. Invece l’informazione regna con l’anti-sport (e con gli esempi di antisportività) e la dignità, dello sport e degli uomini, viene offuscata. Quanti sanno quanto accaduto qualche giorno fa in un match di coppa Italia di serie D fra il Termoli e la Torres? Rigore per gli abruzzesi al novantesimo, l’attaccante che si rialza e dice all’arbitro che il fallo non c’è e il direttore di gara che fa? Pure col reo confesso davanti assegna ugualmente il penalty.
Come è andata? Il tiro dagli undici metri è finito sugli spalti, una protesta singolare  per far capire la magagna arbitrale. Un esempio di correttezza come non se ne vedono, un gesto nobile da far comprendere ai ragazzini… ma neanche un righino sulla stampa nazionale, la menzione sulle cronache locali. Ovvio, fa più notizia l’ineducazione dell’attaccante svedese. Ma allora è il caso che certi informatori la smettano di dire che si stava meglio quando si stava peggio, e che la serie a col fischio d’inizio alle 15 per tutti, senza anticipi né posticipi, era un avvenimento spettacolare.
A restituire passione alla capitale, neanche ventiquattro ore dopo il successo sui britannici, c’è stata la Maratona di Roma, diciottesima edizione. Ottantamila partecipanti fra competitiva e amatoriale, una corsa vissuta osservando cinquecento luoghi storici e mete d’arte. Vederli scarrozzare  per le vie della capitale è stato più che piacevole, forse perché 42 chilometri e 195 metri sono distanza da percorrere infernale ma sincera. Il bluff non è autorizzato. Zlatan e Maradona se lo ricordino ogni tanto.