E’ l’ala Giovanbattista Venditti il protagonista della video rubrica settimanale che ha come obiettivo di conoscere più a fondo gli atleti della rosa delle Zebre 2018/19. Classe ’90 il 36 volte Azzurro é alla sua sesta stagione a Parma: Giamba è l’unico bianconero attuale presente a Parma già nell’estate 2012, anno di fondazione della franchigia federale delle Zebre. Dopo l’esperienza in Inghilterra nella stagione 2015/16, l’abruzzese è tornato in Italia per continuare la sua carriera ovale dentro e fuori dal campo, grazie alla sua grande esperienza internazionale e personale.

Da bambino hai praticato molti sport. Quando hai capito che il rugby sarebbe stato quello giusto e quanto ha influito in questa tua scelta l’essere nato e cresciuto ad Avezzano, una città con grandissima tradizione rugbistica? Ero un bambino molto vivace, per cui quando a 9 anni ho scoperto questo sport me ne sono innamorato subito. Me l’hanno spiegato in modo molto semplice: quando hai la palla cerca di andare oltre la linea e di schiacciare in meta, quando non ce l’hai placca il ragazzo che ce l’ha e prendigliela. Perfetto, comodissimo. L’Abruzzo poi è una terra importante per il rugby, si sentiva subito questo affetto che avevano i tifosi nei nostri confronti, ed era già un orgoglio da piccolino indossare la maglia dell’Avezzano con lo stemmino dell’orso.

All’età di 15 anni hai lasciato casa per trasferirti a Roma. Quanto è stata importante la tua famiglia in questo periodo e cosa ti senti di consigliare ai giovani atleti che intraprenderanno questo percorso? Farei da capo tutto quello che ho fatto. Sicuramente per la mia famiglia non è stato semplicissimo, se dovessi immaginare di perdere mio figlio a 15 anni per seguire la sua passione adesso mi troverei in difficoltà. Sono felicissimo che loro me l’abbiano permesso, sono stati fondamentali. Le distanze nel mio caso non erano enormi perché da Avezzano a Roma è poco più di un’ora. Però ho dovuto cambiare scuola e lasciare gli amici e questo mi ha fatto maturare in anticipo. Sono stato anche fortunato perché ho trovato sempre ottime persone accanto a me.

Oltre a essere uno sportivo sei un marito e un padre: quanto è importante l’equilibrio e il supporto della famiglia nella tua vita? Per me è fondamentale, prima ancora di essere un giocatore sono un papà e un marito, quello che amo più fare è passare tempo con loro. Tante volte durante le trasferte sento che a casa si sente la mia mancanza e io sento moltissimo la mancanza dei bambini. Loro potrebbero giocare con me per ore e ore, e visto che sono ancora molto giovane anche io potrei giocare per ore con loro. Per cui è un equilibrio che mi serve tantissimo, avere tempo di qualità da trascorrere con loro è fondamentale per stare bene anche in campo.

Sei tra i giocatori delle Zebre che hanno una laurea, quanto è stato difficile conciliare lo studio con gli impegni sportivi? Più che difficile penso sia solo una questione di organizzazione, la giornata è lunga e se ci si organizza bene c’è tempo per fare tutto. Sicuramente per come è organizzata la settimana qua alle Zebre è stato abbastanza facile: con gli allenamenti tutti al mattino avevo quasi sempre il pomeriggio libero sia per studiare che per giocare con i bambini. Poi nei tempi in cui avevo gli esami era più complicato, mi svegliavo presto per studiare prima di fare colazione con i bambini, poi andavo al campo per allenarmi e la sera dopo cena studiavo di nuovo. È stata dura anche durante il master alla Bocconi di Milano, ma sicuramente ne è valsa la pena.

Hai conseguito la laurea in Scienze dell’alimentazione, quanto conta questo aspetto nella vita di uno sportivo professionista? La mia scelta è dettata dalla passione e dalla curiosità per questa materia. Se ne sentono tantissime sulle diete e sul modo giusto di mangiare, quindi la mia idea era quella di studiare cosa dicesse la scienza e i libri sull’argomento. Noi ci alleniamo 4, 5 o 6 ore al giorno ma tutto il resto della giornata, che ci aiuta a costruire la prestazione per la partita, è fatto di tutte le altre ore, da come dormi, come recuperi e da come mangi.

In Italia a che punto siamo? C’è ancora da migliorare sotto questo punto di vista? Più che nello sport italiano, in generale c’è una disinformazione sul cibo abbastanza importante. È un tipo di educazione da avere sin da piccoli, soprattutto a casa e nelle scuole.

Qualche anno fa eri visto come un’ala atipica, per via della tua stazza. Ora il rugby sembra che si stia sempre più adattando alle tue “dimensioni”. Cosa è cambiato negli anni? Lo sviluppo del rugby negli ultimi 10 anni penso che sia stato completamente fisico. In attacco ci sono state poche innovazioni e le difese sono molto più pressanti, ma soprattutto la qualità fisica e atletica di giocatori ha fatto un salto di livello assurdo. I giocatori ora sono più grossi e veloci, e di conseguenza gli impatti sono molto piu duri. Il recupero è più lento, il lunedì adesso sono ancora molto acciaccato ,cosi come tutti gli altri, quindi c’è da mettere un’importanza particolare nel recupero.

Il rugby moderno si sta evolvendo ed è sempre più incentrato sulla fisicità, questo aspetto porta purtroppo anche a gravi infortuni. Da giocatore ti senti tutelato? I nuovi regolamenti e protocolli per la sicurezza degli atleti trovano favore tra i giocatori? Diciamo che il World Rugby sta andando in questa direzione, cercando di penalizzare contatti che prima erano ammessi per la salvaguardia dei giocatori perché, essendo tutti più fisici, gli impatti sono più devastanti. Io anni fa ho preso una botta in testa che mi ha mandato in coma per qualche minuto e non dico che la sento ancora adesso ma sicuramente qualcosa al mio gioco ha tolto. Il rugby cerca di aiutare i giocatori e si fa più attenzione al recupero, ma si può fare meglio, soprattutto durante la settimana.

Sei l’unico giocatore nella rosa delle Zebre presente dal 2012. Raccontaci del ricordo più bello e di quello più divertente vissuto in questi anni in bianconero. Uno dei ricordi più belli, aldilà della prima vittoria a Cardiff, è stato quello della prima vittoria ad Edimburgo al Murrayfield, una delle ultime in quello stadio. Noi eravamo acciaccati, reduci da due sconfitte, prima dei test internazionali di novembre. Gli occhi erano tuti puntati sui padroni di casa ma noi abbiamo vinto con una mia meta all’ultimo minuto su assist pazzesco di Federico Ruzza. Di ricordi divertenti ce ne sono molti, dentro lo spogliatoio c’è stato sempre un bellissimo gruppo, con i ragazzi nuovi che si sono inseriti sempre bene. I più divertenti sono quelli del primissimo anno, con Fabio Ongaro team Manager e Totò Perugini era ancora giocatore. Li potrei raccontarne tantissime, ma ci vorrebbe un’altra intervista.

Sport e comunicazione: sei uno dei rugbisti con più seguito anche sui social networks: che rapporto hai col pubblico italiano? Io mi sento privilegiato ad avere questo seguito, perché mi sento fortunato a fare quello che faccio, realizzando il sogno di molti bambini. L’affetto del pubblico me lo ricorda sempre. Quello che mi piace di più dei social è che anche quando magari non giochi bene o c’è qualche problema, sento sempre tanto affetto, persone sconosciute che si prendono la briga di scriverti per tirarti su il morale mi fa sentire molto fortunato.

Come detto sei uno dei senatori della squadra, senti una certa responsabilità verso i giovani e verso i nuovi arrivi? Siamo una squadra molto giovane, a 28 anni mi tocca già questa carica. Scherzi a parte siamo un gruppo molto unito ed è facile il compito mio e dei giocatori più esperti. Siamo una squadra nuova, con poca storia alle spalle e quindi da una parte è un lato negativo ma per noi è una fortuna per la possibilità di creare una nostra storia e una nostra cultura, formando i ragazzi nuovi. In campo alla fine si scende in 15 e tutti hanno 2 braccia, 2 gambe e una testa, la storia conta ma noi abbiamo questa fortuna di potercela costruire.

Sabato a Parma arrivano i russi dell’Enisei per la gara di ritorno di Challenge Cup. Che tipo di squadra affronterete e che partita bisognerà fare per ottenere la vittoria? Sarà una partita molto fisica. Abbiamo visto all’andata a Sochi che sono una squadra molto buona nell’uno contro uno, con individualità pesanti e veloci. La loro fisicità è particolare, diversa dal rugby europeo, e sono difficili da fermare. Dobbiamo essere aggressivi, salire veloci in difesa togliendogli spazio, e in attacco dobbiamo gestire la partita e avere noi il pallino del gioco dall’inizio alla fine. In Russia abbiamo fatto quattro mete e ottenuto il punto di bonus, non mi aspetto niente di meno sabato a Parma, magari con un risultato più rotondo.

La scheda del giocatore:

Nome: Giovanbattista

Cognome: Venditti

nato a: Avezzano (AQ)

Il: 27/03/1990

Altezza: 187 cm

Peso: 110 kg

Ruolo: ala

Honours: Italia, “A”, Seven, U20, U19, U18, U17

Caps: 44

Presenze in Guinness PRO14: 75

Presenze in EPCR Champions Cup: 17

Presenze in EPCR Challenge Cup: 10

Club precedenti: Aironi Rugby, GRAN Parma, UR Capitolina

Instagram: giambavenditti