Il rugby league in Italia, come molti altri sport, nell’ultimo anno e mezzo ha dovuto fermarsi, secondo le volontà del CONI e del Governo Italiano; questi enti hanno permesso di svolgere solo allenamenti senza contatto, mentre, di fatto, solo gli sport professionistici hanno potuto partecipare a competizioni.

In questo contesto, tuttavia, la FIRL ha deciso di programmare un’attività dettagliata, da iniziare nel momento del “via libera” governativo.

Divisa l’Italia per zone, si è deciso di lavorare a comparti regionali. Con un unico obiettivo: creare dei poli di lavoro e promozione del Rugby a XIII nel tentativo di creare squadre per un futuro torneo domestico.

Il progetto ha trovato molta voglia e disponibilità tra giovani giocatori e vecchi appassionati. Così una volta giunti a dei numeri interessanti si sono svolti allenamenti a Portogruaro e Rosolina Mare, nella zona del Veneto, e ad Alessandria e Piacenza per quanto riguarda la zona piemontese, lombarda ed emiliana.

La partecipazione è stata importante e il lavoro di osservazione dei tecnici FIRL ha permesso di individuare più di un atleta inseribile in una possibile lista di giocatori per l’attività internazionale.

Tutta questa attività è stata condivisa passo, passo con i rappresentanti di FIRLA ed è stata gestita con propositivita’ e programmazione dal presidente Orazio d’Arro’. Due le riunioni settimanali via Skype che hanno coinvolto tutti i membri della FIRL: dal presidente, all’allenatore azzurro Leo Epifania, fino ai rappresentanti zonali dei giocatori.

In merito alla posizione del presidente D’Arro’ la FIRL esprime la sua vicinanza e la sua solidarietà, in questo momento di attacchi gratuiti ed infondati. A nome di tutto il board il pensiero è unico: “mai tanta passione e tanta determinazione per lo sviluppo del rugby a 13 è stata riscontrata in una persona sola. ORAZIO, nonostante la distanza Italia – Australia, è sempre presente ad ogni riunione e si prodiga nel tentativo di supportare e diffondere il verbo del XIII. Lavorare in Italia non è la stessa cosa rispetto all’Australia, qui nemmeno l’union è professionale e ci dobbiamo scontrare quotidianamente rispetto a decenni di diffusione solo e soltanto del rugby a XV”.